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Le Bombe

23 giugno 1940

I palermitani non sanno cos’è un bombardamento, siamo lontani dal fronte della prima guerra mondiale. Quando vedono una colonna di aerei passare sulla loro città pensano che è una sfilata… Scendono per strada per salutarli con i fazzoletti…

Oltre alle bombe, i nemici francesi mitragliano anche la gente per strada…

In totale sono state 5 le nazioni che hanno bombardato Palermo:

Palermo è distrutta, 3 anni di bombardamenti hanno segnato per sempre la città, 42% del tessuto urbano è ridotto in macerie. 2.123 morti è il numero che è rimasto alla storia. È soltanto il numero ufficiale. Sono tantissimi gli esempi dove la realtà supera i numeri sicuramente controllati per motivi di propaganda.

In periodo di guerra tutti i numeri ufficiali vengono ritoccati per non dare risultati importanti ai nemici e non sfiduciare la propria popolazione sui grandi risultati.

Per esempio il 9 maggio 1943, giorno del più grande bombardamento su Palermo, primo bombardamento a tappeto sull’Italia si registra soltanto 373 vittime, un numero veramente basso in confronto dell’inferno di quel giorno…

Il 23 agosto del 1943 i palermitani per l’ultima volta sono sotto le bombe. La Luftwaffe tedesca effettua quest’ultimo attacco malgrado la perdita della Sicilia. Gli eserciti anglo-americani infatti hanno conquistato tutta la Sicilia.

 

 

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Palermo è nelle mani degli americani da più di un mese. Le Jeep sono entrate nel capoluogo il 22 luglio e hanno in seguito preso la direzione di Messina dove sono entrati il 17 agosto mettendo così fine alla Campagna di Sicilia.

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La prima incursione aerea sulla città di Palermo, avvenuta il 23 giugno 1940 da parte di aerei francesi decollati dalle basi tunisine e algerine. Il giorno prima la Francia si era arresa alla Germania ma non ancora all'Italia con cui doveva concordare le condizioni.

Nel tardo pomeriggio di quel giorno estivo, domenica, la gente vide sciamare degli aerei sul cielo della città. Bello! I nostri si esibiscono! Un mio zio materno, allora 17enne, passeggiava con gli amici in via Cavour, la vista dei gelati che si servivano ai tavoli della Birreria Italia era impagabile: spongati, pezzi duri, tronchetti e sorbetti, deliziavano virtualmente quei giovani, affetti da "vampa" perenne.

Quando cominciarono a piovere le prime bombe, ci fu un fuggi fuggi generale. Il bombardamento fu a casaccio, 'unni pigghia, pigghia, purtroppo, diverse bombe colpirono anche l'Acquasanta: 'a Cunzaria e tutta la parte tra via Di Gregorio e via Simone Gulì, anche il vicolo Pipitone.

Ci furono diverse vittime in via Montalbo, colpite le case di fronte al futuro cinema Manzella, a quel tempo un fabbricato fuori terra con alcuni negozietti. Il Manzella ci fu costruito sopra.

Nella foto, proprio in questo fabbricato, dalla parte di via Aloisio Iuvara, si nota una classica scritta mussoliniana: " Lo Stato Fascista è una Volontà di Potenza e d'Impero".

Fu quasi chiaro che le cose non stavano così. Di fronte, le case distrutte dalle bombe.

Vidi cadere le prime bombe di quel primo bombardamento, mentre giocavo nella terrazza nord con Mariella e Mirella, due amichette: vidi gli aerei (due o tre) bassi, in direzione S; vidi le colonne d'acqua delle prime bombe, sganciate corte rispetto al Cantiere Navale cui erano destinate. Quasi contemporaneamente, il suono tardivo della sirena d'allarme. Nella mia memoria visiva sono moltissime le immagini di quei primi mesi di guerra: mamma che cade dalla bicicletta, in via Molo oscurata, mentre (con papà) ci dirigevamo nella sede del Moto Club in via Cavour dove dormivamo ogni notte, lontani dalla zona di maggior pericolo, il nonno e la nonna erano già sfollati a Sistiana dallo zio Luigino, nella casa dell'Acquasanta restava, rassegnata soltanto la coraggiosa prozia Gemma; un mattino, ritornando a casa, acrobazie per passare con biciclette alla mano, costeggiando la voragine di una bomba caduta proprio davanti l'ingresso della Manifattura Tabacchi, le rotaie del tram contorte, la buca piena d'acqua, la puzza di gas; durante un allarme diurno, scoppi di bombe non lontano e un a torma di bambini nudi in strada che scappavano, gridando di paura, dalla spiaggia dove erano andati per fare il bagno senza costume che non tutti possedevano. E potrei continuare.

Ivan Laganà, 5 settembre 2022

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Annuncio della dichiarazione di guerra agli Stati Uniti

Benito Mussolini - 11 dicembre 1941

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Combattenti di terra, di mare e dell’aria.

Camicie nere della rivoluzione e delle legioni.

Uomini e donne d’Italia, dell’Impero e del Regno d’Albania.

Ascoltate!

E’ questa un’altra giornata di decisioni solenni nella storia d’Italia e di memorabili eventi destinati ad imprimere un nuovo corso nella storia dei continenti.

Le potenze del Patto di acciaio, l’Italia fascista e la Germania nazionalsocialista, sempre più strettamente unite, scendono oggi a lato dell’eroico Giappone contro gli Stati Uniti d’America. Il tripartito diventa un’alleanza militare che schiera attorno alle sue bandiere 250 milioni di uomini risoluti a tutto pur di vincere!

Nè l’Asse, nè il Giappone volevano l’estensione del conflitto. Un uomo, un uomo solo, un autentico e democratico despota, attraverso a una serie infinita di provocazioni, ingannando con una frode suprema le stesse popolazioni del suo paese, ha voluto la guerra e l’ha preparata giorno per giorno con diabolica pertinacia.

I formidabili colpi che sulle immense distese del Pacifico sono già stati inferti alle forze americane mostrano di quale tempra siano i soldati del Sole Levante. Io dico, e voi lo sentite, che è un privilegio combattere con loro. Oggi il tripartito, nella pienezza dei suoi mezzi morali e materiali, è uno strumento poderoso per la guerra e il garante sicuro della vittoria; sarà domani l’artefice e l’organizzatore della giusta pace tra i popoli.

Italiani e italiane, ancora una volta in piedi siate degni di questa grande ora.

Vinceremo!

Bombardamenti su Palermo
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Palermo obiettivo militare e la difesa della città.


Alla fine del 1940, la difesa antiaerea era assicurata da una rete di sorveglianza, formata da nove batterie, coordinate da un centro posto nel Castello Utveggio. Sul Monte Pellegrino erano poste quattro batterie munite di cannoni da 88 mm.

Una batteria si trovava prima dell’ultima curva che porta al piazzale del Santuario di Santa Rosalia, un’altra sul piazzale stesso, una terza sul Pizzo Volo dell’Aquila (per controllare il versante Arenella-Vergine Maria ed i cui resti sono ancora visibili), la quarta dove si trovano oggi le antenne televisive. Ogni batteria era formata da 4-6 cannoni.


Le altre batterie, munite di mitragliatrici da 20 o da 37/60 mm, erano distribuite nella zona portuale e nella zona dell’aeroporto di Boccadifalco fino ad arrivare ai piedi della salita di Monreale.
Successivamente, sempre i tedeschi, istallarono due radar, uno sulla sommità di Capo Gallo, l’altro alle falde di Monte Pellegrino.


L’intercettazione diurna degli aerei nemici avveniva lungo il Golfo di Castellammare o di Isola delle Femmine.
L’assenza di radar, e spesso anche di radio, negli aerei della Regia Aeronautica non consentiva l’intervento notturno dei caccia a difesa della città, se non per iniziative personali dei piloti. In questo caso alle postazioni antiaree era ordinato di non intervenire per evitare di colpire aerei italiani.

I rifugi antiaereo


Il tempo compreso tra l’avvistamento, il suono delle sirene di allarme e l’arrivo dei bombardieri sulla città, consentiva ai palermitani di raggiungere i rifugi antiaereo.


La realizzazione dei rifugi era stata avviata, su tutto il territorio nazionale, nel 1935 dall’UNPA (Unione Nazionale Protezione Antiaerea), ma a Palermo ci si occupò della questione solo a partire dal 1941. Un gruppo di genieri individuò una serie di cavità naturali già esistenti che, con opportune modifiche strutturali, furono trasformate in rifugi.

Altri furono realizzati secondo uno schema semplice e ripetitivo: in aree urbane libere, sufficientemente estese, anche poste all’interno di strutture esistenti, sulla calcarenite veniva scavata una area di forma regolare, veniva suddivisa in corridoi paralleli intercomunicanti e muniti di sedili continui (le pareti erano in conglomerato cementizio quasi sempre prive di ferro e la copertura era a botte, per una maggiore tenuta strutturale. Una volta finito si ricopriva tutto di terra. Altri ancora vennero realizzati adattando, con l’ispessimento delle pareti e foderando i tetti con calcestruzzo, cantinati e sotterranei esistenti presso abitazionicivili . I proprietari di immobili e terreni erano obbligati a denunciare al Comune la presenza di cavità o di locali sotterranei potenzialmente adattabili a rifugio.

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Il ricovero all’Acquasanta

Giusto di fronte alla Manifattura dei Tabacchi, a sinistra del portone c’era un fumogeno e l’avviso di un ricovero a pochi metri. Spingendo il portone si accedeva a un passaggio dove a sinistra c’era una casa abitata forse dagli incaricati del luogo, a destra dopo pochi passi la entrata del ricovero. Uno spazio quasi sotterrato, rettangolare con tetto di cemento armato, poi coperto con terra. Tetro, da rabbrividire, meglio era morirsi fuori fra i papaveri!

Dopo la guerra tuttavia si poteva smicciare fermati all’ entrata, con una puzza a escrementi nauseabonda… Al poco tempo fu chiuso e la superficie si trasformò in 4 campi di bocce gestiti da un signore che aveva perduto la mano sinistra in guerra. Sulla parete del palazzo vecchio e bombardato al nord aveva costruito una catapecchia per giocare alle carte con tavolini bassi e banchi fatti con legname occasionale a pure inchiodate. Il signor mancino era fervente convinto della terra piana…, un visionario!

Sfollati a Villabate, dove pure cadevano le bombe, il ricovero era un po’ lontano da dove abitavamo, una stanza sul Corso Vittorio Emanuele al 338. Ricordo qualche luce di candele in un piccolo antro, tetro come sempre. All’uscita si tornava a casa, per lo stradone senza luce, io in braccio di mia madre, in una notte ora silenziosa, avanzando per il centro della strada lontano dal pericolo dei crolli e macerie delle case bombardate. Ricordi o incubi?

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Gli attacchi


La rotta che seguivano i bombardieri per raggiungere Palermo era quasi sempre la stessa: partivano da Malta e, dal 1943, dall’Algeria, dalla Tunisia e dall’Egitto. Volando sul mare si dirigevano verso nord-ovest, evitando di sorvolare Lampedusa, Pantelleria e le Egadi; poi viravano verso est volando parallelamente alla costa nord dell’isola e si affacciavano sulla città da Monte Pellegrino. Sganciavano le loro bombe dirigendosi verso Romagnolo, quindi invertivano la rotta verso Mondello o verso l’Arenella, per riprendere la via del ritorno. In questo modo potevano colpire il Porto in tutta la sua lunghezza. Se l’obiettivo era l’aeroporto di Boccadifalco attraversavano in diagonale la città, uscendo poi da Mondello.

La prima fase va dal giugno 1940 al settembre 1942. In questo primo periodo, i bombardamenti sono condotti esclusivamente dagli inglesi e gli obiettivi privilegiati sono quelli militari. La strategia messa in atto è il bombardamento di precisione notturno e arreca i primi danni alle aree urbane (i cosiddetti “danni collaterali”) a causa dell’imprecisione dei velivoli nel colpire i bersagli.
La seconda fase prende avvio nell’ottobre del 1942 e durerà fino all’agosto del 1943, caratterizzandosi per il crescente numero d’incursioni nel Sud Italia, ma soprattutto per l’accresciuta violenza delle stesse.
L’ingresso sullo scenario bellico delle forze aeree americane, con i loro potenti mezzi, metteranno in atto il bombardamento di precisione diurno; la seconda è l’introduzione dei cosiddetti “bombardamenti da saturazione”, meglio conosciuti come “bombardamenti a tappeto”, durante i quali grosse formazioni di velivoli sganciavano contemporaneamente le bombe sull’obiettivo, che non era più solo militare, ma anche quello di infondere il terrore nella popolazione affinché invocasse la resa.
 

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Primi bombardamenti

La prima incursione vera e propria, con aerei francesi, avvenne il 23 giugno, domenica, ed ebbe come obiettivi il Porto, i Cantieri Navali, la Caserma Autocentro “Generale di Maria” di Via Generale Cantore e la stazione Lolli. Fu bombardata anche via Perpignano, probabilmente con l’intento di colpire l’Aeronautica Sicula, che si trovava però (all’interno degli odierni Cantieri Culturali della Zisa) più vicina a Piazza Principe di Camporeale. Veniva danneggiata la batteria contraerea posizionata a S. Erasmo. L’azione si concluse alle 19,08. I primi caduti civili per bombardamento furono 36.

Quel giorno il ritardo dell’allarme e la lenta reazione sia della contraerea che dell’aviazione non furono certo un buon presagio per il futuro della guerra ed i palermitani ebbero poco da festeggiare il 25 giugno per la resa della Francia.

Nella notte del il 31 ottobre al il 1° novembre, dalle 22,24 alle 03,15, la città subisce cinque ondate di bombardamenti. Nel porto,  altre  strutture vengono distrutte, navi, imbarcazioni, e parte della città comei n Via P.pe di Scordia, Via P.pe di Belmonte, Via Dante angolo Via XX settembre, Vicolo Alfano a Brancaccio, Via Resuttana, e danni profondi a palazzi storici. 
Intanto l’11 dicembre l’Italia dichiara la guerra agli Stati Uniti.

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Nel 1942 il primo attacco avvienne nella notte tra il 2 ed il 3 febbraio senza danni significativi.

Un’altra notte tra il 2 ed il 3 marzo alle 22,35 una prima ondata di 16 bombardieri inglesi si affaccia da Monte Pellegrino, attacca in coppia il porto, a dieci minuti di distanza l’uno dall’altro. L’attacco finí alle 02,00.

Alle 02,14 arrivo una seconda ondata di 6 bombardieri senza risposta della difesa antiaerea

Vengono colpite diverse navi, tra cui la M/N Cuma, carica di gasolio e munizioni, la cui esplosione, alle 07,25, provoca più danni del bombardamento stesso. Frammenti dell’esplosione arriva fino a Piazza Castelnuovo. L’onda d’urto colpisce ben 85 edifici cittadini. Si teme che l’incendio della Cuma possa raggiungere le altre navi. Fortunatamente il vento cambia direzione, dissoltosi il fumo le navi che potevano ancora navigare lasciano il Porto. Morti 24 militari e 6 civili, 235 feriti.

Altri bombardamenti il 1° dicembre ed il 13 dicembre.

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Comincia il 1943, comincia l’anno dei grandi bombardamenti.

I bombardieri inglesi arrivano il 1° gennaio. Gli americani si presentano il 7, con 25 quadrimotori decollati dall'Egitto, la rotta di avvicinamento e l’affaccio sulla città sono immutati. Fortunatamente, grazie alle condizioni atmosferiche avverse, raggiungono l’obiettivo solamente 10 quadrimotori. La reazione quasi inesistente. Viene affondato il cacciatorpediniere Bersagliere. Numerose le navi danneggiate. Tra i danni subiti dalla città segnaliamo: la distruzione del Conservatorio della Trinità in Piazza Brunaccini, con 120 vittime, il danneggiamento del collegio femminile del Monastero di Santa Chiara, vittime 12 bambine e 2 suore. Per la prima volta i Vigili del Fuoco impiegano i cani da ricerca. Raso al suolo l’Oratorio di San Giovanni Crisostomo, e la Chiesa di “San Giovannuzzu” in Via Castro. L’elenco è lungo e triste; mi fermo qui.
Il giornale L’Ora scrive di un triste bilancio: dal 29 ottobre 1942 al 2 febbraio 1943 la città ha subito 153 morti e 360 feriti tra la popolazione civile, la maggior parte delle vittime si è avuta nell'incursione del 7 gennaio: 139 morti e 329 feriti.

La lista dei bombardamenti subìti nel marzo del 1943 da Palermo è lunga e l’elenco degli obiettivi colpiti è emotivamente insostenibile. “Il giorno in cui scoppio la santabarbara”, che per molti palermitani era il nome di una nave e che, invece, è il nome generico dei locali dove vengono conservati armi e munizioni.

Il 22 marzo dalle 15,35 alle 17,38, 24 bombardieri americani decollati dall’Algeria, attaccarono il Porto, furono distrutti 13 ettari di superficie portuale, tra magazzini e navi.

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I piroscafi San Gennaro e Spiga furono spostati sul molo San Lucia a causa dell'esplosione della santabarbara del piroscafo Volta.

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Tra queste lo S/S Volta, carica di munizioni.

Esplose alle 15,45, il fumo arrivò a 4.500 metri di altezza. Il fuso di una della ancore fu proiettato ad 800 metri di distanza, davanti la Banca d’Italia di Via Cavour (è conservato nella Caserma dei Vigili del Fuoco). Sulla stessa Banca precipitò una lastra di acciaio da 6 quintali. Altri rottami caddero su Via Maqueda. L’esplosione provocò uno squarcio di 60 metri sul Pontile Piave; due motonavi, una di 146 ton e l’altra di 25 ton, furono lanciate a terra sul Molo S.Lucia; il cacciatorpediniere Soldati da 2.300 ton venne spostato di 10 metri e si inclinò su un lato. 24 operai muoiono annegati a seguito dell’allagamento del ricovero sito sul Molo Piave provocato dall’onda sollevata dall’esplosione. In Via Carella 11 a seguito dello spostamento d’aria crolla un edificio.

Tra i monumenti citiamo quelli colpiti e danneggiati sulla sponda sud della Cala, ossia, la Chiesa di S. Maria della Catena e la Chiesa di S. Maria di Porto Salvo in piazza Marina, e sulla sponda nord della Cala, dove la Chiesa di S. Maria di Piedigrotta veniva colpita in pieno da una bomba dirompente che provocava il crollo e la totale distruzione.

L’elenco dei danni potrebbe continuare. Il Bollettino n.1032 riporta 38 vittime e 184 feriti tra la popolazione civile. I Palermitani sono terrorizzati. Ma il peggio deve ancora venire.

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9 maggio 1943, il giorno dell’apocalisse

Il 5 aprile, la notte tra 12 e 13, il 15, il 16, il 17, il 18 aprile sono alcune delle date in cui Palermo fu bombardata. Ormai le bombe raggiungevano anche aree lontane dal Porto . Il 15 aprile, del rifugio di Via Monte Pellegrino: 92 morti e 12 feriti. Fu seriamente danneggiata la linea ferroviaria, che non fu in grado di riprendere la sua attività normale. In un mese caddero 484 tonnellate di bombe. Mussolini dichiarò la Sicilia e la Sardegna zone di operazioni militari, dunque soggette a legge marziale.


Pochi giorni di tregua, poi il 9 maggio l’apocalisse. Quel giorno Radio Londra esortava la popolazione a non partecipare alla “Giornata dell’Esercito e dell’Impero” perché prometteva la più grande incursione aerea sulla città. Sembrava una millanteria ma la promessa venne mantenuta, ed in quel bombardamento si riunirono le idee del generale inglese Harris ed i metodi americani.

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E noi, laggiù...

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Questa volta l’attacco arrivò da Termini Imerese; gli aerei volavano ad una quota di circa cento metri, per non farsi intercettare poi, all’altezza di Aspra, prendevano quota. I primi ad entrare in azione furono i caccia che attaccarono l’aeroporto di Boccadifalco. Alle 11,00 a Boccadifalco non rimaneva più alcun aereo italiano a terra. La prima formazione di bombardieri arrivò su Palermo alle 12,35 ed era costituita da 222 bombardieri pesanti (le cosiddette “fortezze volanti”), da 90 bombardieri medi, scortati da 118 caccia. I bombardieri pesanti arrivano in sei ondate, quelli medi in dodici ondate, i caccia spazzano il cielo in lungo e in largo.Molti degli ordigni utilizzati erano bombe al fosforo, in grado di provocare incendi; altre bombe erano sganciate a grappolo di tre o quattro, legate tra loro ed in grado, scoppiando contemporaneamente, di distruggere un edificio fino alle fondamenta.

La contraerea spara ininterrottamente dalle 12,45 alle 13,30. Alle 13,15 la città è distrutta, con le comunicazioni interrotte, senza alcun servizio ed in mano agli sciacalli che approfittavano dello stato di abbandono.

La sera dello stesso giorno la città tornò ad essere colpita da 23 aerei bimotori che sganciarono anche due bombe ad alto potenziale. Palermo annientata poteva vantare solo il triste primato di essere stata la prima città italiana vittima di un bombardamento a tappeto. Ufficialmente muoiono “solamente” 373 persone.

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10 luglio comincia lo sbarco in Sicilia.

Le azioni aeree assumono adesso lo scopo di distrarre gli italiani dal contrastare le operazioni di sbarco.

La notte tra il 13 e 14 luglio, ennesimo bombardamento del Porto.

La notte del 14 ed il giorno del 15 viene bombardata la periferia di Palermo.

L’aeroporto di Boccadifalco subisce numerose incursioni da parte di aerei mitragli

atori, viene stabilita l’evacuazione dei pochi aerei sopravvissuti.
Sotto il comando del Generale George Smith Patton, la Settima Armata americana, in rapida avanzata da Agrigento, si dirige verso Palermo che viene occupata nel pomeriggio del 22 luglio.

 

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Cambiano i nemici e gli amici...

Alle 04,30 del 23 luglio Palermo subisce un bombardamento da parte dei tedeschi: obiettivo le navi alleate ormeggiate al Porto, la città è risparmiata, tanto ormai c’era poco da distruggere.

Si replica nella notte tra il 31 luglio ed il 1°agosto.
Il 7 agosto e nella notte tra il 14 ed il 15 agosto Palermo viene bombardata anche da aerei italiani; diversi CANT 1007 Z della Regia Aeronautica attaccano il porto e la città.
Il 23 agosto ultimo bombardamento subito dalla città. 20 velivoli della Luftwaffe attaccano il porto e la città. 

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Sicilia, agosto 1943: un gruppo di ragazzini familiarizza con soldati britannici su un carro armato Sherman M4 di fabbricazione americana. Gli Alleati sbarcarono in Sicilia il 10 luglio 1943 e la resistenza dell’Asse cessò il 17 agosto. La popolazione siciliana in genere accolse con sollievo l’arrivo degli anglo-americani, anche se si trattava di un esercito invasore. 

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Vincent J. Orivello of Milwaukee, Wisconsin, an American soldier, found some relatives in Sicily. Here is seen eating ice-cream at a sidewalk cafe in Palermo, Sicily with three of his cousins around September 1943. Foto Nick Parrino.

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Il famoso fotografo americano Phil Stern con un 'collega' siciliano nel 1943, con il suo studio all'aperto improvvisato su una strada di Palermo. E faceva belle foto!

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Un'altra bellissima foto di  Phil Stern con la statua di Ruggero Settimo decapitata dalle scheggie nel 1943.

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Ricostruzione del Foro Italico dopo le bombe, finita la guerra.

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