Le lapidi della chiesa e cimitero
Lapide di Erasmus Iuxtus Gasser
...tramite un tunnel spazio-temporale (wormhole), i nostri antenati isolani del ‘700 (Caezza & Palmisano), che ancora vivono nei pagliai accanto al dìruto convento di S. Maria, (la costruzione del paese va per le lunghe), mi hanno appena scritto su Facebook:
“ .... ebbimo imprompta contezza quibus vuolsi qualmente ravvisare che noi, dacché mai fummo in insula Usticae e cosicché ivi disconosciuti, fu mestieri doversi ricorrere a de’ comiti et eziando cognitis, seu “canuscienti”….etc etc..
Insomma, i nostri antenati vogliono dire che improvvisamente, noi abbiamo scoperto che dovremmo andare ad Ustica, non sapendone nulla e quindi, giocoforza, ci dobbiamo servire di amici e “canuscienti” che ci forniscono spunti storici, pure commentandoli. Tanta fatica in meno.
Per esempio:
USTICA - Il marmoraro che (forse) finì alla gogna ai Quattro Cantoni di Palermo, per una lapide nella Chiesa di S. Ferdinando.
Nella Chiesa di Ustica ci sono delle notevoli lapidi che rievocano un passato remoto che ancora è tutto da scrivere. Lo faremo noi ?
Una di queste notissime lapidi è dedicata a Erasmo GASSER, svizzero, Capitano del Distaccamento degli Invalidi (soldati inabili al servizio attivo), il quale “…. nel 1800, obbligandosi a pagare il censo, aveva chiesto il giardinetto attaccato alle case regie ma il Regio Commissionato si oppose..” (Don Michele Russo).
La lapide è scritta in latino e, anche se la foto fatta naturalmente col cellulare...aiut….alquanto sfocata, può essere ben decifrata da Agostino e Girolamo che a suo tempo hanno studiato quella lingua sotto le grinfie-cordonate di Padre Carmelo. Grosso modo, si dice:
“Qui giace Erasmo Giusto Gasser, di nobile famiglia, di grandi meriti etc….morì nell’anno 180…”.;
nell’anno ci manca una cifra, forse uno zero, incredibile ma vero! E forse per questo motivo il marmoraro che incise la lapide finì ai Quattro Canti di Palermo alla gogna o ..’a cascietta, come si diceva, da cui l’insulto “cascittuni” o “muffutu” per indicare una spione o delatore, punito in quella maniera ignobile, sputazzato da tutti. In conclusione, non sappiamo se il capitano Gasser morì nel 1800 o dopo. Solo gli atti parrocchiali possono rivelare l’arcano.
Lapide di Margherita Wauer
Bisogna prima augurarsi che, sia chi dettò la lapide, sia chi la incise, siano stati fucilati, con ignominia, alle spalle, nella spianata della Torre S. Maria. Il primo, perché l'ha fatto apposta a non farsi capire col troppo 'latinorum'...che bisogno c'era di dire -il giorno prima delle calende d'agosto- quando poteva dire il 31 Luglio e la piantava lì; e quell'altro che incise il marmo in maniera ignobile: non c'è quasi una lettera uguale all'altra in dimensione, spessore...etc...
Poi, la foto col damned telefonino e il quadro è completo.
DNAM MARGHERITAM WAUER PRIDIE KALEN
DAS AUGUSTI. CATALAUNIAE NATAM ANNO
MDCCXXXII INCLIT ID. DID. .CI BELGAE FILIAM
D. ROBERTI GOMEZ D'ARZA USTICE PER ILLU
STRIS MILITUM PRAEFECTI SPONSAM MERI
TIS ONUSTAM HUMANIS XSISTIANISQ VIRTU
TIBUS, PRAESERTIM ERGA PAUPERES,CHARITATE,
PRUDENTIA, HUMILITATE PRAEDITAM TERTIO
NONAS IANUARII ANN. MDCCLXXXV E VIVIS
DECESSAM. HIC DETEGIT TUMULUS-
DHSTICOI I-
CONDITUR. FULGENS. HOC. MARGHERITA, SEPULCRO
MAJORUM, MERITIS, GENTE, VIRO, PATRIA-
L'epigrafe rende omaggio a Margherita WAUER, nata in Catalogna il 31 Luglio 1732, moglie dell'illustre Don Roberto Gomez D'Arza, Capitano del Reggimento Vallone Avveres, quarto Governatore Militare della Piazza di Ustica dal 1766 al 1795 (30 anni !). Se ne tessono le lodi per sentimenti, umanità, virtù, carità verso i poveri, morta il 2 Gennaio 1785 (ma, il fucilato dice "tertio nonas Ianuaruii" sfoggiando il latinorum...
Lapide di Francesco Amick
Don Francesco AMICK, Svizzero, XIII Governatore di Ustica dal 1825 al 1833;
Secondo l’atto di morte del Comune di Ustica, come dichiararono Don Francesco Augello, medico, e Salvatore Tranchina, possidente, il 2 Maggio 1833 morì il Cavaliere Don Francesco Amick di anni 56 sposo della signora D. Antonina De Luca, nato in Siragusa, Ufficiale Maggiore Militare, del fu D. Giuseppe, militare e della fu D. Teresa Zangara.
Il Sindaco era Don Giuseppe Favaloro.
Il Parroco Tranchina, nella sua storia di Ustica, parla di quest’uomo in maniera entusiastica e riverente, descrivendone pregi insoliti per un comandante di una Piazza militare: generoso, premuroso verso i bisogni degli isolani, altruista e di tante ottime virtù da fargli guadagnare l’affetto, la stima e il rispetto dei regnicoli. Altrimenti la lode “uomo dabene” se la poteva scordare.
Curiosità: da Internet, pare che AMICK significhi “fortunato, generoso, attento, competente, attivo...”, proprio vero!
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Atto di morte, pagina a sinistra
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Lapide Amick, entrando in Chiesa, a destra, accanto a quella di Gennaro Lopez de Onate.
L’VOMO DABENE
CAV. D. FRANCESCO AMICK
MAGG.(IORE) COM.(ANDANTE)
L’ISOLA DI VSTICA
DECORATO
DELLE MEDAGLIE
DI ORO E DI BRONZO E
S. GIORGIO DELLA RIUNIONE
DI ANNI 57 MORTO
IL PRIMO MAGGIO 1833
Lapide del Sacerdote Pietro MANCUSO (Ustica 1771 – 1828)
(Lapide, entrando in Chiesa, a sinistra)
Il parroco Tranchina ne parla benissimo nella sua Storia di Ustica e non perché si trattasse di un ‘collega’, bensì perché effettivamente pare fosse davvero un sacerdote di alte qualità morali e umane, prodigo e dedito non solo alla cura delle anime ma nell’aiuto concreto ai poveri.
Interessante, l’atto di morte, a firma del sindaco e notaro, Don Antonino Maggiore (1790-1884).
“..il 20 Gennaro 1828 alle ore 15 (circa ore 8 attuali), davanti Don Antonino Maggiore Sindaco ed Uffiziale dello Stato Civile di Ustica, sono comparsi:
1) Don Antonino Giacino , di anni 34, Ricevitore del Registro, domiciliato nella Piazza San Ferdinando al numero 8;
2) Don Emmanuele Calderaro, di anni 27, prete, domiciliato nella piazza S. Ferdinando i quali hanno dichiarato che nel giorno di oggi (20 gennaro 1828) alle ore12 d’Italia (circa ore 5 attuali), nel predetto Comune, è morto il Sacerdote Don Pietro Mancuso Parroco di questa Regia Parrocchiale Chiesa, di anni 56, nella casa di sua propria abitazione, nato in Ustica, figlio del fu Francesco e della fu Giovanna Romeo…”
Firmano Antonino Giacino, Emmanuele Calderaro e il sindaco Maggiore.
Da notare che il sacerdote Mancuso è morto di anni 56 e non di anni 54 come recita l’epigrafe, e quindi, alla gogna dei 4 Cantoni a Palermo, ci dovrebbe andare chi commissionò la lapide, il marmoraro la fa franca, stavolta.
Lapide sac. Pietro Mancuso; inquietante il simbolismo della clessidra alata che batte il tempo che fugge…vola...
Si ringraziano i Mormoni di FamilySearch e il Sistema Archivistico Nazionale, per avere fornito l'atto di morte.
Lapide di Ignazio Di Bartolo (Trapani 1772 - Ustica 1831), il padre del navigatore Vincenzo Di Bartolo.
E' la lapide più bella e vistosa della Chiesa, perfetta, stavolta niente gogna per il marmoraro. Essa reca lo stemma della Monarchia Inglese con il celebre motto: "Honi soit qui mal y pense", unitamente a "Dieu et mon Droit", col simbolismo dell'Ordine della Giarrettiera. Il motto, in francese antico vorrebbe dire: "Sia svergognato chi pensa male"...dal Web: «Honni soit qui mal y pense» si può all'incirca tradurre con «vergogna a colui che pensa male». È il motto dell'Ordine inglese della Giarrettiera, che sarebbe stato istituito, secondo una tradizione leggendaria piuttosto accreditata, dal Re d'Inghilterra Edoardo III in onore della propria amante, la contessa di Salisbury, alla quale durante un ballo era caduta nella foga del gesto una giarrettiera. Il Re - in evidente intimità - si precipitò a raccoglierla e rimproverò con tali parole - usando il francese che era la "lingua nobile" dell'epoca -
"Dieu et mon Droit", cioè sempre in francese: "Dio e il mio Diritto", motto del Sovrano d'Inghilterra, giusto per affermare che solo Dio (eventualmente), può levargli il potere.
Per capire perché mai lo stemma della Monarchia Inglese abbia a che fare con Ignazio Di Bartolo, nato in Trapani ma da bambino vissuto in Ustica, bisogna ricorrere, al solito, al Parroco Tranchina, che a pag. 94 della sua Storia di Ustica, dice: "....Ustica, le cui acque erano solcate da legni stranieri che spesso riparavano nella Cala S. Maria,......il Governo brittanico e ottomano, vi crearono i loro vice-consoli cui era dritto (diritto) piantar lo stemma della nazione sulla porta delle loro abitazioni e sventolar la bandiera quando il bisogno e le feste di corte lo richiedessero..."
Sidoti Antonino fu Vice-Console Ottomano;
Ignazio Di Bartolo, vice-console Brittanico
Favaloro Antonino, vice-console Raguseo (Ragusa o Dubrovnik)
Calderaro Agostino, vice-console di Spagna;
Difficile dire se questa nomina a vice console inglese provenisse dal console inglese a Palermo o direttamente dal plenipotenziario inglese a Napoli. Comunque sia, da ricerche superficiali, non ho trovato nulla su questa nomina e tanto meno il nome di Ignazio Di Bartolo citato da qualche parte se non in qualche atto notarile di Ustica. Non ho idea del compenso percepito da Ignazio per tale carica e se si potesse vivere solo con quello. Nella prima metà dell'Ottocento, molti vice consoli inglesi erano "unpaid", onorari e non pagati e ce n'erano troppi, uno anche a Scoglitti, vicino Gela, forse perché luogo d'imbarco dello zolfo diretto in Inghilterra, assieme a Licata, Terranova (Gela), Girgenti (Porto Empedocle) etc.
L'epigrafe, semplice e struggente: