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Il Cantiere Navale

Semplicemente 'il cantiere' per gli abitanti della borgata. Nel postguerra lavoravano da 5000 a 5500 operai. Oltre i fortunati che abitavano nelle vicinanze, arrivavano da tutte le parti della città e d'intorni, in autobus e in bicicletta, qualcuno in moto e più avanti con gli anni, persino in auto!

Al mezzogiorno mangiavano nelle grandi mense di via ai Fossi e di fronte alla Manifattura, moltissimi direttamente in uno spazio di fronte all'uscita dove si improvvisavano bancarelle con olive, pane e panelle, sardine salate... Fortissime sirene davano le ore di stand by, di entrata e uscita. Completavano il caos mattutino e delle 4 del pomeriggio, le 1400 operaie della Manifattura dei Tabacchi.  I vari delle navi che ivi si costruivano rappresentavano l'estratto del lavoro, del sudore e fatiche di tanta gente. Non per altri che, il loro posto di lavoro era affollare i cessi delle istallazioni per ore e ore...!

C'è da dire pure che le condizioni dei lavoratori non erano delle migliori, anche se si ringraziava a Dio quel poco di pane sicuro che si metteva sulla tavola ogni giorno. Scioperi e sindicati non sempre santi, e la mafia infiltrata nel cuore di qualsiasi transazione allontarono i lavori delle navi ad altri cantieri più pacifici ed economici.

La costruzione del Bacino di Carenaggio

Una succinta storia  'ru cantieri'

Il Cantiere Navale di Palermo, nato ufficialmente il 16 marzo 1897 a seguito delle Convenzioni intervenute tra il giovane Ignazio Florio (1868-1957) e il Governo Italiano, che ne stabilivano i relativi finanziamenti per la realizzazione, non ebbe mai vita facile. Basti pensare che la struttura rimase inattiva per beghe locali (scioperi degli operai che vedevano un futuro incerto) e a livello governativo (mancanza di commissioni, che andavano puntualmente a Genova e altrove).

Addirittura la prima nave ivi costruita fu il piroscafo "Caprera", varato solo nel 1904. La situazione precipitò per il permanente clima conflittuale e la mancanza di lavoro, tanto che Ignazio Florio, a partire dal 1907, non fu più il padrone del cantiere navale essendo subentrate le banche creditrici. Il peggio doveva ancora venire. Ignazio Florio e la mitica moglie Franca si ridussero a vivere in un paio di stanze nella loro Villa Igiea, per essere poi cacciati, anzi, il direttore dell'albergo presentò al Florio pure il conto da pagare, al che questo dichiarò: " Da quello che voi mi dite, non sono più proprietario a casa mia".

Dopo un periodo di relativa calma, il Cantiere visse il dramma della Seconda Guerra Mondiale. Tutte le maestranze, sotto le bombe anglo-americane, si sacrificarono fino all'ultimo respiro per mantenerlo attivo, soprattutto per riparare le navi da guerra danneggiate.

Dopo l'esplosione della nave "Volta", 22 marzo 1943, che distrusse il Porto, anche il Cantiere, buttò la spugna e cessò l'operatività.

Nel dopoguerra, il Cantiere rinacque e si espanse molto. Gli anni felici e della massima occupazione, furono gli anni '50 e '60.

 

Col cosiddetto autunno caldo del 1969, tra scioperi e ragazze col fazzoletto purpureo al collo, il tutto condito dal pupazzo bruciato che raffigurava l'allora direttore del cantiere, i tempi cambiarono per sempre.

Criminalità, assassinii, intimidazioni, furti, imposizioni sulle assunzioni etc.., decretarono la crisi permanente della struttura. Le navi estere si dileguarono e anche gli armatori italiani, per decenni si videro i bacini vuoti e nessuna nave sugli scali.

L'attuale apparente ripresa è dovuta alle commesse relative agli interventi sulle grandi navi da crociera e su qualche gigantesca piattaforma petrolifera. Oggi, gli operai stabili sono solo 450, il resto, ditte esterne.

I tempi 'ru cantieri, finiti, ormai appannaggio di oscure decisioni politiche.

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Gaetano Marchese 2022

Si vede la marea umana all'uscita dal Cantiere, tutti diretti alle mense. Si notano particolari molto interessanti: gli operai con la tuta marcata CNR, qualcuno col basco (!), uno corre, il tizio della pompa di benzina Total (dal 1960 al 1980), appoggiato al suo casotto in attesa 'ca passa la china'. E poi, due file di auto posteggiate al centro della strada, il bus costretto a fermarsi. Magari qualcuno si riconoscerà tra gli operai o verrà riconosciuto da amici e parenti.

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Foto di Eugenio Intergugliemi

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Comandato dal catanese Filippo Maresca, il piroscafo, con certi dubbi,  fu affondato dopo 13 anni di navigazione -  il 13 ottobre del 1917 - al largo di Casablanca, colpito da un siluro tedesco.

Dopo il Caprera, i Cantieri Navali palermitani consegnarono, prima del 1940, altre navi, sia civili che militari, anch'esse in gran parte perdute per l'attacco dei sommergibili, fra I e II guerra mondiale : i piroscafi "Catania"( 1906 ), "Duca d'Aosta"( 1908 ) e "Principe Umberto"  1908 ), la cannoniera "Sebastiano Caboto"( 1913 )  le navi passeggeri "Città di Genova" e "Città di Palermo" ( 1930 ), il cacciasommergibili "Albatros"  1934 ), le avviso-scorta "Orsa" ed "Orione"( 1937 ) e le due cannoniere "Babr" e "Palang", destinate alla Marina dell'Iran.  

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Le mense, in via Ai Fossi e Simone Gulì

Un fumaiolo misterioso

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Quasi sicuro si trattava del fumaiolo della fonderia dello stesso cantiere, per parti di motore, etc.

Sintetizando le opinioni pubblicate sul Facebook della Borgata dell'Acquasanta, si dovrebbe arrivare alla conclusione che la esistenza del gran fumaiolo a lato dello scalo per la costruzione e varo delle navi, è posteriore al 1904, data del varo del piroscafo Caprera, dove ancora non è visibile.

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Una foto della fine anni '80, perché dopo la distruzione del porto a causa dell'uragano del 25 ottobre 1973, ci vollero 10 anni per ricostruire la diga foranea e portare a termine il complesso del bacino da 400mila.

Solo dopo si mise mano al braccio per la realizzazione della Marina, che entrò in funzione negli anni '90 quando scomparve pure la vecchia Peschiera che diventò una mini insenatura per approdi piccoli natanti. Nella foto, il porto dopo la ricostruzione a metà anni '80, prima della realizzazione del braccio suddetto.

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