L'Acquasanta che cambia
L’ACQUASANTA, IL CAMBIAMENTO.
Il giorno 25 ottobre 1973, cambiò i connotati al porto di Palermo. Quel pomeriggio, un mio zio materno, Placido B., che lavorava al Cantiere Navale, riferì dopo, che il cielo diventò nero, forte pioggia e si sentiva a distanza come un urlo raccapricciante: era il vento che si intensificava sempre più raggiungendo una forza inimmaginabile e sollevando un mare devastante.
Le onde mostruose, provenienti da Grecale o NordEst, martellarono perpendicolarmente il Molo Nord (1932 circa), “abbattendolo”, rimase solo il basamente del fanale verde d’entrata al porto. Il mare vivo spazzò il porto, le navi furono “accatastate” contro le banchine, incluse quelle che si trovavano nei due bacini galleggianti.
La petroliera “Conca d’Oro”, una nave jellatissima, finì arenata dentro la Cala.
La piccola nave “Nuova Ustica” fu sbattuliata contro la banchina e affondò. Il postale per Napoli, strappati gli ormeggi, affrontò la tempesta come fosse in mare aperto, con i motori al massimo. Pare che il mare sia arrivato fin sopra via Mariano Stabile.
Sul Web non mancano racconti e foto. Il Cantiere navale si ritrovò orfano dei due bacini galleggianti, oltre ai danni ad attrezzature e installazioni. Da allora tutto cambiò. Per una decina d’anni ci fu un via vai di mezzi lungo la via Simone Gulì, per la ricostruzione della diga foranea e per la realizzazione del grande bacino in muratura per navi da 400mila tonnellate di portata lorda (Dry Dock), grosso modo per alloggiare navi max 360 metri di lunghezza per 60 metri di larghezza, uno dei più grandi del Mediterraneo.
Tuttò ciò per commentare una foto dell’Acquasanta che mostra un cantiere presso villino Laganà, credo per rifornire le betoniere impegnate nelle costruzioni suddette.
Non era rimasto più nulla: stabilimento balneare, cantiere Miloro etc. I massi erano a protezione del cantiere. La Peschiera intatta, un gioiello, oggi ridotto a una pozzanghera cementata. La vegetazione del cimitero inglese quasi azzerata da privati criminali che ne avevano fatto una discarica di materiale vario.
Ma il danno grave, non lo fecero i privati, bensì il Comune, quando, “scoprendo” di essere proprietario del cimitero (Passaggio di proprietà dai Whitaker al Comune, con atto in notar F.co Paolo Lionti del 24.1.1950), nei primi anni duemila, mandò le ruspe per ripulirlo. Un danno incalcolabile. Decine di tombe intatte, pur se ricoperte di terra etc, furono spazzate via in maniera scriteriata. Si nota l’insegna del rifornimento che c’era all’inizio della via Giordano Calcedonio, in origine (1958) Shell, ma l’insegna sembra più BP, quasi in corrispondenza del refettorio del cantiere navale, oggi dìruto.
Ehh, e si vede bene il palazzo di fronte al cimitero inglese, al piano terra il “bicirittista”. Di questo palazzo è rimasto qualche muro. Poi, i palazzoni della via Jung, Cimbali etc.. Mi sentirei di datare questa foto circa 1974-75. L’Acquasanta era cambiata per sempre.
L'ACQUASANTA e i Marinai "Norveggini e Danisi".
Dal dopoguerra fino alla fine degli anni '60, il Porto e il Cantiere Navale, pullulavano di navi italiane e specialmente straniere.
Tutto il Molo Nord era pieno di petroliere ormeggiate in andana, fitte fitte, delle grandi compagnie di navigazione americane e non: Texaco, Caltex (poi Chevron), Mobil, Gulf, Amoco; danesi e norvegesi, Naess, Kunudsen, Concordia (non Costa ovvio), Maersk (già con lo scafo celeste), qualche Olympic, etc.
C'erano decine di agenzie marittime, "scimp-sciamp" (Ship's chandlers, fornitori marittimi di viveri e spare parts/pezzi di rispetto), decine di grandi e piccole ditte esterne al Cantiere che si occupavano di lavori sulle navi, tecnici di ogni tipo; qualche 20 compagnie di navigazione etc. etc..Lavoro per tutti.
Nel vicolo Pipitone c'erano tante persone che lavoravano al Cantiere Navale, molte delle quali con mansioni infime, come i "mau-mau", gli addetti a raschiare la carena ("opera viva") delle navi nei bacini. Lavoro da fare "in tempo reale" , dagli zatterini, con lunghe raschiette, durante il lasso di tempo in cui si prosciugava il "bacino di pietra" o si sollevavano i bacini galleggianti, poi, con le navi a secco sarebbe stato problematico.
Le navi che avevano bazzicato mari tropicali o troppo portuali, aveva dei "denti di cane" (balani) impressionanti oltre a colonie di cozze su eliche, timoni e pozzetti di aspirazione vari...
..In quel periodo d'oro, dunque, tante navi venivano "ai lavori" a Palermo, alcune ci rimanevano per mesi e questo costituiva una pacchia per gli equipaggi. La zona via Cristoforo Colombo (ora Arsenale), via Montalbo, oltre al Borgo etc, era piena di bettole, taverne, trattorie, dove i marinai inglesi, "norveggini", danesi etc, si fiondavano per fare bagordi e affogare nell'alcool.
Tutto ciò alimentò una criminalità spicciola, quasi di ripiego: "non posso svaligiare il negozio di generi alimentari, ci dò un fracco di legnate ai norveggini e danisi e gli scippo orologio, anello e collanina d'oro".
Qualcuno del vicolo Pipitone ne aveva fatto una lucrosa attività. Ma venivano acchiappati, sempre! Si facevano un po' di galera, e fu un bel vedere l'entrata trionfale(1959) nel vicolo Pipitone di U., abbracciare e baciare tutti quelli che incontrava e ripetere: "Niscivu assuorti" (Sono uscito assolto).
Tutta questa ricchezza di lavoro e attività per Porto e Cantiere si affievolì e svanì quasi del tutto alla fine degli anni '60, per i noti episodi che coinvolsero il Cantiere stesso e per continui scioperi etc...Gli armatori stranieri portarono le loro navi a Malta, in Grecia, in Croazia, in Spagna, in Turchia etc dove potevano fare i lavori in pace e con certezza sui tempi.
La ricostruzione del porto di Palermo
L'ACQUASANTA vs NORVEGIA 1-1...THE REVENGE, PESTAGGIO alla NORVEGESE.
In una precedente puntata abbiamo parlato di quando il Porto era fiorente e il Cantiere Navale pullulava di navi straniere "ai lavori".
Tutta la zona Montalbo e dintorni era piena di taverne, trattorie e anche case a..luci rosse, per il ristoro dei marittimi.
Nel corso degli anni vi furono numerose rapine da parte degli indigeni ai danni di "danisi, svirisi, 'ngrisi e norveggini".
In qualche caso, però, i "nostri" ebbero la peggio, ma non erano rapinatori!
Interessante il caso riportato dal Giornale L'ORA del 12 Agosto 1962. La sera prima, tre marittimi della petroliera norvegese "J.M. Ugland", (ormeggiata in andana al Molo Nord), il nostromo e due marinai+mogli, ritornano a bordo della nave ubriachi fradici, avendo passato la serata allo "Shangai", che non era il noto locale della Vucciria, bensì un baretto abusivo, in muratura, costruito proprio a ridosso dell'entrata secondaria del Cantiere Navale, in fondo alla via Cristoforo Colombo, ora Arsenale. Le rovine di questa costruzione esistono tuttora ad ebbra testimonianza di un tempo che fu.
Il nostromo e la moglie giapponese (!) riescono a guadagnare la loro cabina e si accorgono che mancava un rasoio elettrico..Apriti cielo. Marito e moglie, scatenati, si recano allo scalandrone e cominciano ad insultare una guardia giurata, un vigile del fuoco e alcuni operai. Presto finisce a schifiu. I tre marittimi 'norveggini', spalleggiati dalle rispettive dolci consorti, aggrediscono tutti quelli che gli capitano a tiro al grido (poi tradotto) di "Italiani, porci e ladri".
L'Acquasanta ha la peggio, tutti pestati, la bicicletta della guardia giurata scaraventata in mare, addirittura azzannati da un cane della dolce giapponesina (ma che era? campionessa di Judo?). Però, stavano per arrivare i rinforzi, un centinaio di operai che avrebbero disintegrato i "norveggini".
Arriva la Volante con i poliziotti e tutto finisce lì. Il nostromo rientra in cabina e ritrova il rasoio elettrico: non era stato rubato!!
Cosa 'i fucilallu..!
Una cucina all'Acquasanta
Dopo la guerra si cominciò la ristrutturazione delle case danneggiate dai bombardamenti. La nostra casa di Vicolo Pipitone nel 1950 la fece con gli ultimi avanzi della 'tecnologia´, con cucina a carbone o palline, e spazio riservato per ulteriore cucinetta con bombola di gas e poi, pure con una ghiacciaia!
Era quello che c'era all'Acquasanta...:19 Marzo 1958.
Tre generazioni a confronto. Nella foto: mia sorella (1942), impegnata a cucinare, ma in realtà la pentola era vuota; mia nonna materna Domenica 'Mimì' Santamarina (1892-1978) e mia madre (1917-2011).
Cucina di casa Pipitone, da non molto era stato abolito "'u cufularu" che comunque si vede bene, il vano cottura col catino in ferro per mettervi il carbone, è chiuso da un coperchio il legno.
Sotto, il vano dove precipitava la cenere e parte di carbone esausto. Una caffettiera in alluminio, ma c'era già la Moka. Un pentolino per il latte e caffè. Il latte era Barbera, nelle bottiglie di vetro spizzicate e chiuse dal tappo di stagnola. In estate si metteva al fresco fuori il balcone. Il caffè era vero, niente surrogato e miscela Leone...a 'me casa.
Quella tendina sotto 'u cufularu, occultava cenere, carbone, palette e attrezzi vari. Si cucinava, ormai, col 'bibbigas' (Pibigas).
A sinistra, 'u stipu con piano di lavoro in marmo. sotto trovavano posto pentole, padelle, tegami etc.
I muri erano imbrattati da una 'nivurumi' che proveniva da fritture e altre esalazioni nella foto imbiancate da Pasqualino).
Il cassetto piccolo 'ru stipu' era quello decisivo: mia madre ci metteva il portamonete, che veniva quotidianamente saccheggiato da Pasqualino che prelevava ben 100 lire! Io prendevo ogni tanto 50 lire, mia madre non disse mai nulla.
Mia nonna si faceva confezionare i vestiti da una sarta di via N. Cacciatore, prove estenuanti, il vestito non andava mai bene: "'a custuriera, sta disgraziata.." (custuriera=sarta).
Le passeggiate domenicali
"Vampa" e Felicità a Villa Inglese.
Foto di Domenica, 11 Febbraio 1951, un certo Gaetano con la sorella Paola.
Mia madre, pur di farci svagare, ogni domenica o quasi, ci portava a Villa Inglese, che, a piedi, dal vicolo Pipitone all'Acquasanta, non era tanto vicino, circa 2 chilometri. Oggi, se si provasse a far fare 2 km a piedi a un qualunque bambino, si verrebbe denunciati al Tribunale dei Minori, per maltrattamento!. A quel tempo, buona parte del muro di cinta che dava sulla odierna via Dalla Chiesa era abbattuto o in rovina e senza inferriata.
Diversamente, si optava per la famigerata visita ai parenti (non tanto stretti) di via Sebastiano Bagolino: "Ah, che sapuritu Tanuzzu 'cu cappidduzzu" etc..Grrrrr...
Dopo il pranzo, magari a base di "marghetti 'ì zitu" cu sucu con relativa cutini e mollame di maiale, si andava a Villa Inglese, un miraggio, un pezzo (piccolo però) di mandorlata o "cubaidda", magari un po' di "pipittuni" con sale e bicarbonato che faceva una schiuma gradevole; un "bummuluni" variopinto. Sì ma, solo una cosa, mica tutte 'ste cose assieme. C'erano le tristissime baracche dei giostrai che affittavano pure delle macchinine di legno a pedali, vecchissime..; la vasca con le statue bronzee di bambini, funzionava alla grande. Faceva impressione quella scultura dentro lo stand moresco che raffigura i fratelli Canaris su una barca.
Dopo questo insperato sollazzo, si tornava a casa, una bella minestra di broccolo, per riscaldarsi, patate condite a insalata o quello che passava la casa. A letto presto.