Tombe e personaggi Terza pagina
Cippo Funerario
Vitae Summa Brevis Spem Nos Vetat Incohare Longam
The brief sum of life forbids us the hope of enduring long.
They are not long, the weeping and the laughter,
Love and desire and hate:
I think they have no portion in us after
We pass the gate.
They are not long, the days of wine and roses:
Out of a misty dream
Our path emerges for a while, then closes
Within a dream.
Vitae Summa
Brevis Spem
Nos Vetat
Inchoare Longam
L'insieme della breve vita ci impedisce di coltivare una lunga speranza
Orazio, Carme ,libro I,Ode IV, v.15
Ripetuto “ “ II “ XI
Il cippo funerario, poggiato su un gradino, è rialzato su un basamento di forma quadrangolare, sormontato - tramite rientranza a gola - da un plinto recante l'iscrizione suddiviso in tre livelli rastremati, su cui è poggiata una colonna spezzata scanalata.
Francis George Hare
SACRED TO THE MEMORY
OF
FRANCIS GEORGE HARE
BORN AT VICENZA JANUARY VI 1786
DIED AT PALERMO JANUARY 1842
THE LORD GAVE AND THE LORD HATH TAKEN AWAY
BLESSED BE THE NAME OF THE LORD
Il sarcofago appogia su un basamento parallelepipedo, racchiuso da un coperchio piramidale con base rettangolare.
Di fronte sono raffigurate due torce sotto una corona di alloro con due nastri.
Consacrato alla memoria
di
Francis George Hare
nato a Vicenza il 6 gennaio 1786
morto a Palermo il 12 gennaio 1842
Il Signore ha dato e il Signore ha tolto
sia benedetto il nome del Signore
Il figlio August J. C. Hare nella sua 'The Story of My Life', racconta:
My father was buried in the English Cemetery at Palermo, where there is a plain sarcophagus over his grave. The English Consul sent the following certificate to Mrs. Hare:—
"On Saturday, the 15th January, 1842, the remains of the late Francis George Hare, Esquire, were interred in the Protestant Burial Ground at the Lazzaret of Palermo, in the presence of a large concourse of Sicilian noblemen, and of the British, French, and American residents. The service of the church was read by the Rev. W. F. Holt, and the pall was supported by the Principino of Lardoria, the Prince of Radali, the American Consul, and Mr. J. F. Turner. As a token of respect to the memory of the deceased, the flags of the British, French, and American vessels were hoisted half-mast high during the forenoon."
F.G. Hare..morì ospite nel Palazzo del Principe di Campofranco a piazza Croce dei Vespri, ex Piano di S. Anna la Misericordia...era lo Sgarbi dell'epoca, ospite dappertutto...ma quel gelido gennaio 1842 gli fu fatale...
Ritratto di Francis George Hare dipinto da Sir Joshua Reynolds circa 1788 1789, due anni. Museo del Louvre.
Nel 1905, per lascito verbale del banchiere Alphonse De Rotschild, il Louvre acquisì un’opera del pittore Joshua Reynolds, uno dei quadri più importanti della collezione di arte britannica del museo, giunto in un momento di enorme interesse collezionistico per i grandi pittori inglesi.
È il ritratto di un bambino di due anni, Francis George Hare, dipinto nel 1788. L’immagine del piccolo aristocratico dai capelli lunghi, vestito di chiffon, con il braccio proteso in avanti, sotto le fronde di un albero, era divenuta una icona popolare ben prima di arrivare al museo del Louvre;
riprodotta come miniatura da William Grimaldi, artista della Royal Academy, fu riproposta nel 1835 da Samuel William Reynolds in una mezzatinta conosciuta con il nome di Infancy, per essere ristampata in innumerevoli copie.
Il ritratto del piccolo Francis George Hare è definito dagli stessi curatori del Louvre una «immagine archetipa dell’arte britannica», così celebre da essere presente non solo nelle case inglesi, ma anche sui francobolli emessi in Kuwait e negli Emirati Arabi.
Rosana Rizzo
Ritratto di Francis George Hare circa 1830 (by Joseph Slater)
Gaetano Marchese: abbiamo parlato di William Harris, giovane architetto inglese, che ho ritenuto essere l’ospite più importante del cimitero inglese, ma, la posizione dovrebbe essere condivisa, a pari merito, con un altro ospite: Francis George HARE. Il personaggio però merita un approfondimento per meglio capirne la vita e il contesto in cui visse, e allora...
Francis George HARE (da ora in grassetto per distinguerlo dal padre, pure lui Francis).
L’intellettuale puro. Lo straordinario erudito romantico.
Il Web abbonda di notizie sugli Hare, che erano quanto ‘ ‘a rina ‘u mari’, ma per Francis George, tutti partono col piede sbagliato. Persino siti specializzati in Genealogia, come GENI, MyHeritage etc (tutti emanazioni del colosso FamilySearch), lo indicano nato a Herstmonceaux, quando invece il nostro nacque in Italia, a Vicenza, confermato dall’epigrafe della sua tomba:
“ SACRED TO THE MEMORY
OF
FRANCIS GEORGE HARE
BORN AT VICENZA, JANUARY VI 1786
DIED AT PALERMO, JANUARY XII 1842
THE LORD GAVE AND THE LORD HATH TAKEN AWAY
BLESSED BE THE NAME OF THE LORD “
Consacrata alla Memoria
di Francis George HARE
nato a Vicenza il 6 gennaio 1786
morto a Palermo il 12 gennaio 1842
Il Signore ha dato e il Signore ha tolto
Benedetto sia il nome del Signore
Francis George Hare non era un tizio qualsiasi. Figlio di genitori colti ma autentici ‘squanderfield’, spendaccioni.
Il padre era Francis Hare-Naylor, nato, lui sì, nel meraviglioso castello avito di Hurstmonceaux, nell’ East Sussex, Inghilterra, nel 1753.
Il di lui padre, aveva aggiunto al suo cognome Hare quello di Naylor in segno di profonda gratitudine verso la cugina, Miss Grace Naylor, morta a 21 anni, che gli aveva lasciato in eredità il suddetto castello e altre rendite.
Francis Hare-Naylor, avventato e stravagante, sedicente Storico di opere per lo più incompiute (gli si accredita una Storia della Germania), avrebbe finito per dilapidare il suo patrimonio,
Castello e rendite, se non fosse caduto nelle grazie di Georgiana, Duchessa del Devonshire, che a sua volta gli fece conoscere un’altra Georgiana, figlia di un vescovo. Francis si innamorò di Georgiana Shipley, e, con l’appoggio (connivenza) della Duchessa, si sposarono nel 1785, sebbene fortemente osteggiati dalle rispettive famiglie e con lo sposo inseguito dai creditori.
Per la coppia iniziò una vita apparentemente felice e spensierata, foraggiati da una sostanziosa rendita di ben 200 sterline l’anno, elargita dalla Duchessa.
Georgiana Shipley (detta anche Georgina), nata intorno al 1752, era una bella ragazza, pittrice pastellista, aveva imparato l’arte nello studio di Sir Joshua Reynolds che nel 1788 aveva ritratto il figlio primogenito della coppia, Francis George.
Con la rendita in tasca, Francis e Georgiana si trasferirono prima a Karlsrhue (Germania, ma allora solo Baden-Wurttenberg), per stabilirsi definitivamente in Italia, prima a Vicenza, dove il 6 Gennaio 1786, nacque il nostro Francis George HARE.
Georgiana Shipley, animo sensibile e colta, approfondì a dismisura la sua cultura con frequentazioni elitarie, tra tutte, quella con Clotilde Tambroni, insegnante-donna (per niente usuale) di Greco antico all’Università di Bologna, dove intanto gli Hare si erano trasferiti, dopo un soggiorno a Roma.
Georgiana, che ebbe anche una fitta corrispondenza nientemeno che con Benjamin
Franklin (padre della patria americana), trasmise la sua immane cultura al piccolo Francis George.
Sempre per ragioni di eredità e rendite, la coppia fu costretta a rientrare in Inghilterra, lasciando tre dei quattro figli sotto la cura e protezione della Tambroni, il maggiore, Francis George, sotto le grinfie di due tutori tal Mezzofanti e abate Aponte e di altri colti maggiorenti bolognesi.
Ne uscì fuori una mostruosità: il piccolo Francis George Hare, a 4 anni parlava l’Inglese, il Francese e l’Italiano con uguale facilità.
A 10 anni parlava il Greco antico e altre lingue classiche.
Il giovane Francis George, non ebbe compagni di sorta, ovvio, nessuno poteva rivaleggiare. Continuò ad essere educato da figure di spicco della Bologna bene e da professori universitari. Nel 1799, gli Hare-Naylor tornarono in Italia per riprendersi il loro Francis George e rientrare in Inghilterra per vivere nel castello di Herstmonceaux, ormai pesantemente rimaneggiato, e diventato un enorme caseggiato.
Francis George continuò la sua formazione sotto la guida di eminenti tutori inglesi, cominciando a frequentare anche esclusivi collegi, fino a giungere a frequentare l’università di Oxford, un gioco per lui.
Georgiana, intanto, a furia di dipingere, cominciò a manifestare i primi segni della cecità. I genitori si trasferirono a Losanna, Svizzera, pensando che il cambiamento d’aria potesse far bene all’incombente cecità della madre, Francis George li seguì e li consolò, ma il 6 Aprile 1806, l’eterea Georgiana Shipley rese l’anima a Dio.
Il marito, Francis Hare-Naylor vendette il Castello di Herstmonceaux e altri beni per 60mila sterline, per continuare a vivere di rendita, si risposò e morì a Tours (Francia) nel 1815.
Nel 1817, Francis George Hare, tornò nell’amata Bologna per recarsi poi a Firenze e infine a Roma. In questa città, Francis George, bello, sempre vestito alla moda, venne conteso dai più ricercati salotti letterari e mondani, dove divenne l’idolo di tante donne. L’ambasciatore britannico lo definì “..a monster of knowledge..”, un mostro di erudizione.
Continuò comunque a viaggiare, in Bavaria La coltissima, in Olanda, Pisa, Siena e ancora Firenze. Per continuare a campare di rendita, vendette la fornita biblioteca del padre.
A Firenze frequentò la casa di Lady Paul che aveva portato le quattro figlie femmine in Italia per completare la loro educazione. Una di esse, Anne Frances Paul, corteggiata da Francis George, finì per sposarlo a Londra, il 28 Aprile 1828. La raffinata coppia, dopo un giro in Continente, si stabilì a Londra per poi viaggiare in Italia, Pisa, Firenze, Roma, dappertutto ricevuti con feste, ricevimenti, specie dalle ambasciate di Inghilterra, Francia e Germania. Su consiglio di Lady Shelley (vedova del poeta), nel 1833, la coppia svernò a Napoli per passare a Castellammare. A Roma, Francis George affittò Villa Strozzi, dove, nel 1834, nacque l’ultimo figlio della coppia, Augustus John Cutberth Hare, autore di Memorie da cui sono tratte queste notizie.
Egli scrisse: “… nacqui, fortemente indesiderato, per aumentare la popolazione di questo mondo inguaiato, poiché i miei genitori furono terribilmente infastiditi per la nascita di un altro figlio (il quinto) e disgustati oltre misura che fosse un altro maschio.”
Ma, per Francis George Hare,che non aveva mai lavorato, nel senso deteriore del concetto, che non aveva mai scritto o pubblicato nulla e che era sempre vissuto godendo dell’ospitalità di amici ed estimatori, deliziati dalla sua straordinaria erudizione, era arrivato il momento di fare i conti con la vita.
A corto di danari, deluso dalle disposizioni testamentarie della zia
Louisa Shipley, sulle quali aveva riposto tante speranze, ricevette il colpo finale quando apprese l’ultima, amara notizia. L’altra zia, Anna Maria Shipley, benché sposata tre volte, aveva lasciato intendere che avrebbe lasciato la sua considerevole fortuna agli Hare, invece, prima di morire cambiò il testamento a favore dell’ultimo marito.
Era troppo. Francis George Hare lasciò moglie e figli e si rifugiò a Palermo, confortato dalla francese Madame Victoire.
Scrisse il figlio Augustus:
“…egli trascorse l’inverno del 1841 a Palermo nella più tenebrosa malinconia. Quando vi arrivò, diede pochi ricevimenti, dopo di che sembrò avere il presentimento della sua fine, sebbene i medici dichiararono che non era gravemente ammalato. Per diverse notti, in febbraio,
(in realtà era gennaio) il fedele servitore Felix, sedette accanto a lui. Francis George lo voleva mandare a letto, ma quello rispondeva, in francese:
”Rappelez-vous, monsieur, que je suis ancien militaire et que quand j’ai une consigne, je ne la quitte jamais”...”Ricordate, Signore, che sono un vecchio militare e che quando ho una consegna non la lascio mai”. Francis George non gli si oppose più. Una mattina, alle 5, chiese al servitore che ora fosse. Saputolo, disse che in mezz’ora avrebbe avuto il suo latte d’asina..perché l’asina veniva alle 6. Poi cominciò a fare giorno e Felix iniziò a rassettare la camera. Mentre era alla finestra, sentì Francis George muoversi nel letto, si avvicinò, lo ascoltò, lo toccò: era morto”.
Era il 12 Gennaio1842.
Continua Augustus Hare:
“...Mio padre fu sepolto nel Cimitero Inglese a Palermo dove c’è un semplice sarcofago sopra la sua tomba. Il Console Inglese (John Goodwin) inviò il seguente messaggio alla vedova, in Inghilterra:
“Sabato, 15 Gennaio 1842, le spoglie dell’Egregio Francis George Hare, furono inumate nel Cimitero Protestante, al Lazzaretto di Palermo, in presenza di una larga partecipazione di nobili Siciliani e dei Francesi, Britannici e Americani residenti in città. Il servizio ecclesiale fu tenuto dal Reverendo W. F. Holt e il feretro fu portato dal Principino di Larderia, dal Principe di Radalì, dal Console Americano e dal Signor J.F. Turner (rappresentava i mercanti inglesi di Palermo).
In segno di deferenza per la memoria del defunto, le bandiere delle navi in porto Francesi, Britanniche e Americane, furono issate a mezz’asta durante il mattino”
Si concludeva così, la straordinaria esistenza dell’erudito Romantico, Francis George Hare. La sua tomba, con l’enorme sarcofago bianco, è sopravvissuta allo scempio del camposanto inglese, ma almeno ora sappiamo qualcosa di lui.
La moglie, Anne Frances Paul, morì nel 1863.
Tutte le notizie di cui sopra le dobbiamo, come già precisato, ad Augustus J.C. Hare, ultimo figlio di Francis George, il quale, nato a Roma, scrisse dei monumentali volumi autobiografici: “The Story of My Life” e “Memorials of a quiet life”; Migliaia di pagine, definite da un denigratore “..a ponderous biography of nobody”, una corposa biografia di nessuno!
“Scrollando” in fretta circa 400 pagine, per condensarle qui, sono rimasto stupefatto dalla precisione nel riferire fatti, date e persone, con inimmaginabili dettagli, da parte dell’autore, al quale va il nostro ringraziamento.
L’epigrafe della tomba di Francis George Hare, benchè dilavata dagli agenti atmosferici, è ancora leggibile e lo sarà ancora per molti anni a venire...poi sprofonderà nell’oblio, assieme a noi, che comunque abbiamo fatto la nostra parte.
L’atto di morte di Francis George Hare, redatto il 15 Gennaio 1842, è scritto correttamente, perché il dichiarante non fu il solito becchino, bensì il Signor Matteo Biscotto, ‘agente del Consolato Britannico’, consulente e braccio destro del famigerato console inglese John Goodwin (che era coadiuvato anche da William Dickinson, mercante, del quale parleremo in seguito).
L’atto n° 31 Volume 284 della Sezione S. Agata, quella cui apparteneva lo Steri, via Butera etc, riporta che davanti l’ufficiale dello Stato Civile, Don Mariano Abate e La Grua Marchese Longarini, i dichiaranti Biscotto e Lo Nano riferirono che…” alle ore 13 del 12 Gennaio 1842 è morto nel suo domicilio Signor Francis George Hare di anni 56 sposo della Signora Anne Frances Paul. Nato in Inghilterra. Professione..possidente. Domiciliato nel Palazzo del Principe di Campofranco, figlio del fu Francesco e della fu Georgiana Shipley….”
Le ore, a quell’epoca, erano computate all’italiana, cioè come ore trascorse dall’ultimo Tramonto/Vespro, le attuali 17 circa, in inverno, e quindi 17+13= 30-24, cioè le 6 del mattino attuali, proprio l’ora temuta da Francis George, che essendo inglese, computava le ore...alla “francese”, come si fa attualmente.
Fino all’ultimo, quindi, Francis George Hare fu ospitato a scrocco da qualcuno, niente meno che da Antonino Lucchesi Palli, Principe di Campofranco, già Luogotente Generale di Sicilia, nel suo palazzo sito a sinistra della odierna piazza Croce dei Vespri (c’è anche Palazzo Ganci), ex Piano di S. Anna.
Nello stesso palazzo vi morì nel 1869, il console Goodwin, ivi trasferitosi con tutto il Consolato Inglese, da Palazzo Lanza Tomasi in via Butera, perché da vecchio, incapace di salirne il lungo scalone.
Questa potrebbe essere una buona lettura nelle sere tempestose dell’inverno che verrà, immaginando la fine dell’erudito in una fredda mattinata del gennaio 1842.
Gli ultimi guai di Francis George Hare
Rivugghiu in casa HARE...
.
Abbiamo parlato dell'erudito Francis George Hare, morto a Palermo a Palazzo Campofranco il 12 Gennaio 1842 e sepolto 'o Campusantu 'ngrisi. Tutto finito lì? No. Francis George HARE, si era rifugiato a Palermo per due motivi: per la forte disillusione di un non-lascito testamentario e perché inseguito dai creditori.
A quanto pare, però, alla sua morte si scatenò subito una guerra tra eredi e parentame per "squartariarisi" qualche bene immobile di Francis George, perché di liquido non c'era nulla.
Nel giornale "London Gazette" del tempo, negli annunci legali, si legge:
"In ottemperanza al decreto dell’Alta Corte di Chancery, fatto nella causa Hare contro Hare, i creditori di Francis George Hare di Baker Street, nella Contea di Middlesex, Esq., defunto (il quale morì nel mese di Gennaio 1842 a Palermo, nel Regno delle Due Sicilie), sono, dai loro avvocati, convocati per il 24 Febbraio 1844 o prima e provare i loro debiti (di FG Hare), davanti James William Farrer, Esq., uno dei giudici della suddetta Corte, nelle sue Camere, negli edifici di Southampton, Chancery Lane, Londra, o in difetto di ciò, essi saranno perentoriamente esclusi dal beneficio del suddetto decreto."
Come sia finita la diatriba, difficile dire, bisognerebbe continuare le ricerche in quel giornale, che, in formato digitale, è a disposizione di tutti. Cose del genere, in Italia, ce le sogniamo.
L'imponente sarcofago bianco della tomba di FG HARE al Cimitero Inglese, maldestramente fu spostato nel 1928, per la vendita di una striscia di terreno del cimitero al colosso Cantiere Navale
ICH BIN
ICH BIN DIE AUFERSTEHUNG UND DAS LEBEN
WER AN MICH GLAUBT DER WIRD EWIG LEBEN
OB GLEICH ER AUGH STURBE
JOH CAP. 11 VERS. 25
Io sono la resurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore vivrà;…
Vangelo Giovanni cap. 11 vers. 25
Il monumento, privo della parte superiore che avrebbe dovuto portare il nome del defunto, poggia su un basamento quadrangolare.
Konstantin Yazykov
KONSTANTIN YAZIKOV (?…..1842.... - Palermo 1859)
La pietra tombale di questo giovane russo è enorme, e rispetto a qualche anno fa, l’epigrafe è diventata di più difficile interpretazione, ovviamente perché scritta in caratteri cirillici ma soprattutto perché il lastrone è ricoperto da una patina scura che ne preclude una lettura anche parziale.
Comunque, a parte “Konstantin Yazikov”, qualcuno ha voluto ravvisarvi anche “morto il 18 Gennaio 1859”. In effetti, lo Stato Civile di Palermo ne registrò la morte sulla base di quanto dichiarato dai due soliti becchini per cui Yazikov diventò “Iasikoff”, non lontano dalla realtà, ma facendo impazzire chi deve effettuare le ricerche (il sottoscritto, insomma), perché alla lettera "Y“non ha trovato nulla.
Dagli indici decennali:
“Iasikoff Costantino figlio di? e di?, morto il 2 Febbraro 1859 di anni 16 Sezione Molo, Volume 454 atto n° 69. È già qualcosa, ma atto di morte non trovato, forse volume disperso o microfilm parziale.
Neanche il Web dà qualche responso se non un omonimo che non aveva nulla a che vedere con Palermo. Propendo per l’ipotesi che il giovane fosse imbarcato, da allievo ufficiale o altro, su qualche nave russa di passaggio a Palermo e già la denuncia di morte presso la sezione Molo, suggerisce questa possibilità.
Oppure, potrebbe essere stato qualche figlio di dipendente/funzionario del consolato russo, presente a Palermo forse dagli inizi del secolo XIX, allorquando i Russi erano intervenuti assieme agli Inglesi in difesa di Re Ferdinando IV (Re Nasone), minacciato dall'esercito Franzoso. Dopo le legnate prese dagli Austro-Russi ad Austerlitz, nel dicembre 1805, le truppe inglesi e russe, presenti nel Napoletano, si ritirarono sotto l’incalzare delle truppe napoleoniche, lasciando indifeso il povero Re Ferdinando, che lasciò Napoli al suo destino e se la squagliò a Palermo. Stranamente, l’origine del cimitero inglese è collegato, indirettamente s’intende, alla battaglia di Austerlitz e a tutto ciò che ne è conseguito, tra cui la discesa dall’Inghilterra di una nutrita schiera di mercanti al seguito delle truppe inglesi venute a difendere la Sicilia, nel 1806. Ma di questo parleremo quando discuteremo delle origini del cimitero. ...
констатинь языковъ
скончался 18 январь 1859
Konstantin Yazykov
deceduto 18 gennaio 1859
Rohbbes
NATA ROHBBES
A RIGA
IL 2 GIUGNO 1827
MORTA IN PALERMO
L’8 MAGGIO 1848
MELCHIORRE ED ALESSANDRO
MARITO E FIGLIO
Joseph Gunsburg
DEM ANDENKEN DES HERRN
JOSEPH GUNSBURG
AUS BRESLAU
GESTORREN IM PALERMO
AM 26 JANUAR 1856
ALTER VON 30 JAHREN
SEIN VATER UND SEINE BRUDER
In ricordo del signor
Joseph Gunsburg
da Breslau
morto a Palermo
il 26 gennaio 1856
all'età di 30 anni
suo padre e suo fratello
Il monumento funerario è una colonna scanalata su plinto poggiato su un basamento quadrato.
Il giovane, dal cognome ebreo (con le varianti Günzburg,
Ginsburg era nato nel 1825 a Breslau, quando la città faceva parte del Regno di Prussia.
Oggi, Breslavia o Wroclaw, è una città della Bassa Slesia, nel Sud-Ovest della Polonia.
Probabilmente era un mercante. Nessun riscontro nello
Stato Civile di Palermo.
William Harris (Architetto)
WILLIAN HARRIS
BORN ON LONDON
ARCHITECT
AGED 27 YEARS
DIED 16 JULY 1823
Willian Harris
Nato a Londra
Architetto
Etá 27 anni
Morto il 16 Luglio 1823
Nel 1823, due giovani architetti inglesi, William Harris e Samuel Angell, durante un loro viaggio in Sicilia per rilevare e studiare le antiche rovine greche dei templi di Selinunte, le oggi famose metope del tempio principale.
Dalle lettere scritte all'ambasciatore presso la corte borbonica di Napoli, i due giovani architetti avevano la intenzione di trasferire i pezzi rinvenuti al British Museum di Londra.
Con la giusta intervenzione del Principe di Campofranco, luogotenente di Sicilia, si bloccò il progetto e si traferì tutto al Museo della Università di Palermo, da poco creata, confluendo tutta la collezione nel Museo Salinas. Agli architetti Harris e Angell, fu concesso il permesso di disegnare tutti i frammenti che loro stessi avevano in principio cominciato a ricomporre con grande perizia e contribuendo al posteriore restauro delle opere.
Recentemente, nel marzo del 2018, fu inaugurata la mostra 'The Match', con la collaborazione del British Museum, custode dei disegni originli di Harris e Angell.
Per la prima volta, i disegni originali, alcuni acquarellati, delle metope del Tempio C, verranno messe a confronto con le esistenti dalle quali sono stati rilevati: la quadriga guidata da Apollo, Atenea a finco di Perseo raffigurato nell'atto di decapitare Medusa, Ercole che porta i cercopi sulle spalle, con la testa in giù, come preda di caccia.
"Il pezzo grosso" del nostro cimitero, l’ospite più illustre: l’architetto inglese WILLIAM HARRIS, tra amenità e verità. (Gaetano Marchese)
Scrivere seriamente del giovane Architetto londinese William HARRIS, lo scopritore delle Mètope di Selinunte, non è cosa facile né scontata, a dispetto di innumerevoli siti che ne parlano.
Di William Harris, si afferma, per esempio, che cominciò gli scavi a Selinunte, autorizzato dalle locali autorità e per interessamento del console inglese a Palermo, FARGAN! A parte il fatto che “Fargan” è una ben nota pomata antiprurito, il nome del console inglese era Robert FAGAN, singolare figura di pittore e archeologo, console a Palermo nel 1809-10, poi a Roma, dove oppresso dai debiti, si suicidò buttandosi da una finestra, nel 1816.
Poichè Harris e l’amico Angell cominciarono gli scavi a Selinunte alla fine del 1822, il console, dall’aldilà, non poteva interessarsi di nulla, mischinu.
Inoltre, Harris e Angell non erano affatto autorizzati a intraprendere gli scavi, ma cominciarono lo stesso, sperando forse nella indifferenza generale.
Del resto, le pietre dell’antica città greca erano già state saccheggiate e utilizzate per riparare un ponte sul fiume Belice. Inoltre, è possibile leggere, che Harris morì a causa di “una banale influenza”! La terribile febbre malarica, una banale influenza?
Per le amenità di cui sopra, ho preferito documentarmi direttamente su di un sito inglese, molto dettagliato e originale (“William Harris /Special Collections & Archives Team at the University of Kent”) e leggere parzialmente il libro che scrisse Angell con Evans, il cognato di Harris, nel 1826, anch’esso disponibile nel sito nostrano. Inoltre ho consultato quanto scritto dal nostro esperto, il prof. Clemente Marconi della Cambridge University.
In breve, William HARRIS (Londra 1796 – Palermo 1823) e l’amico Samuel ANGELL (1800-66), erano due giovani architetti inglesi della Royal Academy of Arts, che, seguendo un non ancora tardivo Grand Tour, si spinsero fin dal 1821 sull’Europa continentale, unendosi ad altri giovani appassionati di antichità, per giungere infine in Sicilia, per studiare le meraviglie archeologiche di Selinunte e iniziare degli scavi mirati a riportare alla luce i templi greci di cui si erano quasi perse notizie.
Colpisce l’amore, la passione, la competenza e la cultura classica di questi due giovani nell’intraprendere gli scavi, senza un permesso ufficiale da parte delle autorità preposte col chiaro intento di trasferire in Inghilterra, al British Museum, qualche pezzo importante.
I due architetti giunsero a Selinunte alla fine del 1822, provenienti da Agrigento e Siracusa. A Castelvetrano i due dormirono su materassi umidi e lerci; a Selinunte invece, alloggiarono in una piccola casa rurale a nord della collina Manuzza.
All’inizio del 1823 iniziarono gli scavi in barba al sindaco di Castelvetrano e in Marzo misero alla luce la facciata del tempio C e le mètope.
Le metope sono elementi architettonici di fregio, generalmente in rilievo, dell’architettura greca o romana. Scrisse Harris da Castelvetrano: “There was no kind of inn in the town and all the accommodation the palace afforded was wretched mattresses, damp and dirty, and this on a cold winter’s night. I preferred lying down in my cloak” e cioè, in città non c’erano locande e al palazzo comunale gli venne offerto solo un materasso umido e sporco, per cui preferì dormire per terra avvolto nel suo mantello, il nostro “firriolo”.
I due amici, che per il mese di Maggio 1823 avevano scoperto gli altri templi E e F, e col benestare dell’ambasciatore inglese a Napoli, avevano già cominciato a spedire pezzi importanti a Marsala, per essere custoditi nella casa del vice console britannico, in attesa della spedizione finale al British Museum. Il piano rapace, di trasferire in patria le metope, fu sventato dal sindaco di Castelvetrano che aveva avvisato le autorità a Palermo. Il sindaco bloccò i due amici il 16 maggio 1823. Il 16 giugno le mètope arrivarono a Palermo sotto la custodia dello scultore trapanese Michele Laudicina. Fallito il piano ladresco, i due addivennero a più miti consigli, e tutto il materiale fu quindi trasferito al museo di Palermo, anche con la supervisione di Angell, che vi rimase a lungo come consulente, coadiuvato da Pietro Pisani (quello della Real Casa dei Matti, cutuliato dal colera del 1837).
Harris invece, travolto dal suo ardore, volle rimanere a Selinunte senza mettere in conto la terribile stagione estiva e lo svilupparsi della malaria nella palude Gonusa (ora Jalico a quanto pare).
Contrariamente a quanto riportato dal prof. Marconi, secondo cui Harris morì a Selinunte, è provato che egli morì a Palermo, oltretutto l’epigrafe romana e Angell parlano chiaro.
Scrisse in proposito Samuel Angell nel 1826: “Troppo impaziente di condurre professionalmente le sue ricerche il più ampiamente possibile, sfortunatamente Mr. Harris rimase a Selinunte impegnato a rilevare un piano generale delle rovine e del sito dell’antica città . Il suo ardore lo rese troppo distratto dell’avvicinarsi della stagione quando i luoghi sono annualmente infetti dalla “mal aria”. Egli fu assalito da una febbre maligna e con tanta difficoltà raggiunse Palermo. Subito dopo il suo arrivo, il suo aggravamento vanificò ogni cura medica e terminò pochi giorni dopo con la morte di questo eccellentissimo giovane uomo” Era il 16 Luglio 1823. Il consolato inglese e tutta la comunità estera gli diedero degna sepoltura nel cimitero inglese all’Acquasanta. La lapide della sua tomba, finemente centinata (arco) è abbastanza leggibile, almeno dalla foto di cui disponiamo, ma viene in soccorso il “Wall Memorial” che si trova nel grande cimitero acattolico di Roma al Testaccio. Segno che il giovane era molto conosciuto in quella città. Quella lapide commemorativa recita:
“TO THE MEMORY OF WILLIAM HARRIS OF LONDON ARCHITECT WHO DIED AT PALERMO THE 16 JULY 1823 AGED 27 YEARS. HIS ARDOUR IN THE STUDY…..”
E cioè: In memoria di William Harris di Londra, Architetto, che morì a Palermo il 16 Luglio 1823 all’età di 27 anni. Il suo ardore nello studio...” La lapide, molto consumata, non permette di capirne il seguito.
A suo tempo ho cercato l’atto di morte di William Harris ma negli indici decennali online del Comune di Palermo, non c’è.
Chiederlo direttamente all’ufficio di Stato Civile preposto, significa litigare con l’impiegato-tuttofare, un omino micidiale, che dice sempre “Non figura”, “Ma ‘unnavi firucia ammia?”
Facile che Harris sia stato registrato con qualche nome pasticciato o addirittura non registrato. “La Cerere – Giornale Officiale di Palermo”, il 23 Luglio 1823 dedicò la sua prima pagina proprio alla morte di W. Harris. Purtroppo, come più volte ricordato, i periodici non sono consultabili nelle nostre due maggiori Biblioteche. Le circostanze della morte e la cerimonia di sepoltura si trovano descritte sicuramente nel rapporto che il console inglese dell’epoca inoltrò all’inviato Plenipotenziario a Napoli (Sir W.R. Hamilton, da non confondere con l’altro Lord William Hamilton, “cuckold” al tempo di Nelson & Lady Hamilton) e al Foreign Office a Londra.
Ho interpellato quest’ultimo (Ministero degli Esteri inglese), anche a proposito di un altro ospite (Capt. Thomas Ogle + 1836), mi risposero che fanno ricerche solo a pagamento, 15 sterline l’ora, un’inezia, ovviamente senza garanzia alcuna di trovare qualcosa in merito. Rapaci.
Harris lasciò ben 200 disegni riguardanti le rovine di Selinunte. Singolare caratteristica, che emerge dalle sue lettere scritte al padre: per risparmiare carta soprascriveva sullo stesso foglio, prima normalmente, quindi verticalmente.
Chissà se per il 200° anniversario della morte di Harris nel 2023, riusciremo a consultare i giornali dell’epoca.! Grazie per l'attenzione, il personaggio merita.
Tomba di William Harris in pietra di Billiemi, dal sito di Pasqualino
Dal libro di Samuel Angell, descrizione della morte dell'amico William Harris, architetto
Lettera di Harris al padre, sovrascritta, per risparmiare carta, decifrabile comunque.
Henry Dunna(ge)
HENRY DUNNA(...)
WHO (...)
THIS PROMISING (...) LAL (...)
ARCHIT(...)
(...)RMO
SACRED
TO THE MEMORY
OF
HENRY DUNNAGE ESQRE
WHO [BY] HIS PROMISING TALENT [GAVE] EVERY HOPE
[OF BEING] AN ORNAMENT TO HIS PROFESSION OF
ARCHITECT
[DIED IN PALE]RMO 1ST JANUARY 1829
[WHILE] PURSUINGHIS RESEARCHES
[IN THIS ISLAND
AT THE
EARLY AGE OF 22
MOST DEEPLY LAMENTED BY
HIS FAMILY AND FRIENDS
Questo è quanto sapevano, poco tempo fa, su Dunna(...), ma oggi, grazie alle ricerche di Laura Leto di altri pezzi dispersi della lapide, si può avere una ampia idea sulla tomba e la vita del suo ospite.
Aprire con fondo bianco
Henry Dunnage, Esquire
e l’Isola nel suo destino: una memoria restituita
Pubblicato il 1 gennaio 2021 da Comitato di Redazione
Originale di Lauro Leto
Il Cimitero acattolico detto “degli Inglesi” presso la borgata dell’Acquasanta è ciò che rimane dell’originaria struttura ottocentesca del Lazzaretto di Palermo. Sebbene la sua storia abbia origine secoli prima, in questa sede si vuole focalizzare l’attenzione sul suo contenuto, ovvero un patrimonio storico, artistico e culturale di pregio per la Città tutta e ancor di più per la borgata nella quale insiste.
Coloro che vi hanno trovato sepoltura hanno rappresentato alcuni dei maggiori esponenti della società industriale del XIX secolo, della sua borghesia e popolazione, che sia stato per un breve periodo o per un’intera esistenza. L’area ha accolto le spoglie degli stranieri, non soltanto di nazionalità inglese, le cui identità stanno scomparendo a causa dello stato di abbandono e degrado in cui grava il sito.
Esattamente come accade nel “paesaggio sublime” romantico anche al Cimitero dell’Acquasanta la natura ha preso il sopravvento sulle lapidi, vi si innesta, le spacca, ne dissesta il terreno e finisce per dominare il luogo, acuendone l’inevitabile senso di fine e accrescendone il fascino. La natura tuttavia deve in questo caso essere domata e ora più che mai si fa urgente e necessario un intervento di recupero dei monumenti esistenti e dei frammenti raccolti in cumuli di detriti o sparsi sotto il primo strato del terreno.
Molti di questi nascondono veri e propri tesori, altorilievi e sculture, e ancora più importanti al fine dell’identificazione delle sepolture, parti di epigrafi che rivelano nomi, date e luoghi. Continua en pdf...
Carl Gobbin
Hier Ruth
.....
.....
Dr Med Carl Gobbin
Aus Berlin
Aus Hermsdorf 17 Ap1817
Palermo d 20 Ian 1852
Scorrendo l’elenco degli ospiti del cimitero inglese, una settantina in tutto, almeno quelli di cui si è riusciti a decifrarne il nome, talvolta solo parzialmente, non si può fare a meno di notare che molti di loro erano solo di passaggio a Palermo (Emil Reynolf Ericsson + 1857, svedese; Elisabeth Milbank + 1812, americana; Dr. Carl Gobbin + 1852, tedesco; l’intellettuale Francis George Hare + 1842, inglese, etc.), altri portati a Palermo dopo la loro morte (Cap. Thomas Ogle + 1836; Cap. Osborne, Cap. Williams + 1833 etc). L’illustre architetto William Harris portato a Palermo in condizioni disperate e morto qualche giorno dopo nel 1823. Altri, residenti a Palermo per lavoro, qualche mercante (William Dickinson + 1851, irlandese; Christ Fischer, svizzero; Richard Valentine + 1854, inglese, etc). Nella prima metà dell’Ottocento, c’erano a Palermo decine di mercanti inglesi, irlandesi, svizzeri, con le loro famiglie etc...Dove sono andati a finire? Mistero. E’ pur vero, comunque, che dopo la chiusura “ufficiale” del cimitero (in realtà mai avvenuta), alla fine del 1860, molti furono..ospitati ai Rotoli (James Rose + 1868, Mark Sieger + 1868, il famigerato console inglese John Goodwin + 1869 etc..).
Occupiamoci di un misterioso personaggio “di passaggio” appunto, e che lasciò la sua vita a Palermo.
Il Dr. Carl GOBBIN, medico tedesco, nacque a Hermsdorf, un sobborgo di Berlino, il 16 Aprile 1817. Nel 1849 sposa a Berlino, Therese ERMELER, una vedova. Nel 1852 viene a Palermo, ignoto il motivo del viaggio. Alloggiava o venne trasportato in gravi condizioni all’Hotel de France, dove morì di tisi il 20 Gennaio 1852. La moglie, nuovamente vedova, si risposò appena 3 anni dopo!. Interpellato il signor
Thorsten Schmitz, che si occupa di genealogia in Germania, mi ha precisato di sapere solo che Carl GOBBIN era un medico che esercitava a Berlino e che morì di tisi. Lui pensa che Gobbin si trovasse a Palermo per “vacation” (inglese maccheronico per dire “holiday”, vacanza).. Che un tedesco venisse in Gennaio a Palermo per vacanza è possibile, ma, poiché morì di tisi, propendo per l’ipotesi di una “vacanza terapeutica”, data la relativa mitezza del clima palermitano rispetto a quello teutonico. Un po’ come per la zarina Alexandra a Palermo (1845-46).
Per fortuna è stato possibile rintracciare un pasticciato atto di morte del Dr. Gobbin. Al solito, il giorno 22 Gennaio 1852, due facchini (becchini) si presentano davanti l’Ufficiale di Stato Civile della Sezione S. Agata (attuale Sezione Tribunali-Kalsa), Don Camillo Crisafi, per denunciare che il giorno 20 Gennaio era morto nella Locanda GIACHERI, sita piazza Marina, il Signor Carlo GOBBIN, sposo della signora Teresa Ermaler, di anni 34, nato in Banhhok (?), poi corretto in Hermsdorf, di professione medico, domiciliato in Berlino e qui di passaggio, figlio di Cristofaro….e di Maria…..
Quasi come sempre , l’atto viene firmato solamente dall’ufficiale di Stato Civile “..avendo detto i dichiaranti non sapere firmare..”
Il mitico Hotel de France viene indicato come Locanda Giacheri e in effetti veniva gestito dalla famiglia vicentina Giachery, da cui nacque a Palermo l’illustre architetto Carlo Giachery, laureatosi in Architettura all’età di 21 anni, geniale !
I nomi dei genitori sembrano essere di fantasia, a fare queste denunce ci mandavano becchini analfabeti, sapevano assai che in realtà erano Christian Gobbin e Henriette Bornemann….
La foto della lapide della tomba di Gobbin, “schiarita” al massimo da Pasqualino, fa leggere il nome, qualche parola tipo “Dr. Med.”, “Berlin” e la data di morte Palermo 20 Jan 1852.
Usuale considerazione: i giornali dell’epoca non sono consultabili ormai da 4 anni alla Biblioteca Regionale, idem alla Biblioteca Comunale. No comment.
La lapide è in frantumi e c’è una spiegazione. Nell’estate del 1959, ancora giocavamo in mezzo alle tombe del cimitero inglese. I picciotti più grandi cominciarono a tiraresassi contro le lapidi, per divertimento, spaccando tutto, il resto lo fecero i privati e le ruspe comunali. Amen.
Thomas Clecq
SACRED TO THE MEMORY
OF
M. THOMAS CLECQ
OF MANCHESTER
WHO DEPARTED THIS LIFE
ON THE 1st OF MAY 1827
AGED 31 YEARS
CONSAGRADA ALLA MEMORIA
DI
M. THOMAS CLECG
DI MANCHESTER
CHE LASCIÒ QUESTA VITA
IL 1° MAGGIO 1827
ALL'ETÀ DI 31 ANNI
La tomba è ridotta ad un cumulo di “balatuni”, dove spicca l’enorme lapide centinata che, stranamente, reca l’iscrizione sulla faccia opposta all’estensione della tomba stessa. L’epigrafe è di difficile lettura a causa di una patina temporale scura e per il fatto che il marmo si sta frantumando naturalmente. Inoltre, l’incisione dell’iscrizione è poco profonda.
Visti gli intensi rapporti commerciali della Sicilia con l’Inghilterra in quella prima metà dell’Ottocento, è molto probabile che Thomas Clegg fosse un mercante attivo a Palermo per commerciare prodotti tessili in cambio di zolfo, vino, sommacco etc..; oppure che facesse parte di qualche società inglese con i medesimi scopi.
Clegg è un cognome diffuso a Manchester. Comunque, nessun atto di morte disponibile presso lo Stato Civile di Palermo e neanche si trovano notizie nei vari siti americani (Geneanet, Wikitree etc). L’unico che poteva “dire” qualcosasu Thomas Clegg, era il console inglese a Palermo in quell’epoca, Frederick Lindemann, ma le sue carte si trovano nei National Public Archives di Londra, dove le ricerche sono a pagamento (rapaci!).
Elisabeth Morici
SACRED
TO THE MEMORY OF
ELISABETH MORICI
WHO DEPARTED THIS LIFE
FEBRUARY 6 1829
AGED 31
BE THOU FAITHFULl UNTO DEATH
AND I WILL GIVE
THEE CROWN OF LIFE
Consacrato
alla memoria di
Elisabetta Morici
che ha lasciato questa vita
il 6 Febbraio 1829
all'età di 31 anni
sii fedele fino alla morte
e ti darò la corona della vita
Sii fedele (Apocalisse 2, 10)
Gustav Adolf Rieder
HIER RUTH
GUSTAV ADOLF RIEDER
…ZURICH
… JULY 1860
Il mercante svizzero Gustav Adolf RIEDER (Zurigo 1813 – Palermo 1860)
Questo negoziante (mercante, commerciante) apparteneva a quella folta schiera di mercanti svizzeri presenti a Palermo per tutto il secolo XIX e parte del XX.
Un loro console, J.C. Hirzel fu una delle prime vittime del colera del 1837, sepolto nel cimitero inglese di S. Spirito (S. Orsola), ora ridotto a una semplice stele.
La tomba di RIEDER non è individuabile, ne rimane la lapide addossata ad un’altra tomba e si può solo decifrare parte dell’epigrafe:
L’atto di morte della Sezione S. Agata, Volume 461 N° 414, fornisce qualche altra notizia: “ Davanti il Cav, Paolo Amari, Senatore, due becchini, Giovanni Sangiorgi e Gaetano Basile, dichiarano che il giorno 19 Luglio 1860 era morto nella sua casa il Sig. Adolfo Rieder, celibe, di anni 47, nato in Zurigo, professione negoziante, domiciliato Piazza Marina, figlio del fu Giovanni e di Maria Barbara Lildoholt.
Rieder è un cognome germanico molto comune in Svizzera, specie a Berna, Zurigo etc.
Qui riposa
Gustav Adolf Rieder
(Nato in) Zurigo (1813)
(Morto in Palermo) il 17 luglio 1860
Peter Le Soeuf
SACRED
TO THE MEMORY
OF
PETER LE SOEUF ESQ
SON OF
PETER LE SOEUF OF LONDON
WHO DEPARTED THIS LIFE
5 MARCH MDCCCXIX
AGED XXV YEARS
THIS SIMPLE STONE IS CREATED
AS A TRIBUTE OF RESPECT FOR THE MANY VIRTUES
OF THIS AMABLE YOUNG MAN
Consacrato
alla memoria
di
Peter Le Soeuf Esq
figlio di
Peter Le Soeuf di Londra
che lasciò questa vita
il 5 marzo 1819
all’età di 25 anni
La semplice pietra è creata
come tributo per rispetto alle tante virtù
di questo amabile giovane uomo
Questi LE SOEUF erano probabilmente mercanti di tessuti.
Nessun riscontro per Peter Le Soeuf, perché deceduto nel 1819 e quindi un anno prima dell’impianto dello Stato Civile a Palermo (1820).