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Tommaso Dragotto

Tommaso Dragotto, per noi, il figlio della signora Elvira, del tabacchino..., integrava il gruppo degli amici della borgata dell'Acquasanta, vicini del vicolo Pipitone.

Di Tommaso se ne è parlato molto, ma meglio che altri, proprio lui in una intervista ha fatto una squisita sintesi della sua gioventù, dei suoi sogni e del suo lavoro. 

Non ci resta che trascrivere le sue parole...

Se il cuore avesse delle radici le mie affonderebbero in un’isola del mediterraneo bagnata dal sole, solcata da uomini, storie e culture diverse. La mia isola si chiama Sicilia, ed era il 18 gennaio del 1938 quando venni al mondo e la incontrai per la prima volta. Nacqui a Palermo in un borgo di pescatori chiamato Acquasanta per via delle acque termali tutt’ora esistenti. Eravamo in guerra e mia madre durante i bombardamenti mi trascinava da un ricovero all’altro per proteggermi dalle bombe. Mio padre, dipendente della Tirrenia, somigliava molto a me. Un giorno mia madre mi disse che la nave era stata silurata dagli inglesi e che papà era morto nello scontro, avevo 3 anni. Crebbi da solo con lei che è stata l’anima della mia futura capacità imprenditoriale.
Malgrado fossi figlio unico ha avuto il coraggio di iscrivermi in un collegio militare per programmare, secondo le ferree regole della Marina, il mio futuro manageriale. Il suo coraggio e il suo spirito ironico li ho sempre portati con me.

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Ero un ragazzino esuberante, forse anche troppo, così mia madre decise di mandarmi in accademia, una sorta di collegio militare. Studiai lì e poi decisi di ripercorre la carriera di mio padre iscrivendomi all’Istituto Nautico. Ho sempre amato il mare ed ero anche bravo a nuotare; un giorno venni notato da un certo Gagliardi, ex allenatore della Canottieri Napoli, formazione campione d’Italia di quegli anni. Mi fece i complimenti e mi invitò ad esercitarmi: avevo appena sedici anni e di lì a poco sarei entrato nella prima squadra del mio quartiere rimanendoci fino ai 19 anni. Facevo il portiere e in pochissimi anni divenni uno dei più bravi pallanuotisti d’Italia. Fare sport è stata un’esperienza determinante, mi ha fatto acquisire tenacia, grinta, ma soprattutto quella voglia di prefissarsi degli obiettivi per raggiungere il successo. La domenica, quando si svolgeva la partita, ero sostenuto da migliaia di spettatori che mi applaudivano. Ero diventato l’idolo della borgata Acquasanta.

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Subito dopo essermi diplomato mi iscrissi all’università ma mi arrivarono due proposte di lavoro: una proveniva dai cantieri navali e l’altra proveniva dalla Gulf Oil, una grande società con sede a Genova. Andai lì, feci il colloquio e il giorno stesso, mentre stavo per tornare a casa, in aeroporto, ricevetti la comunicazione che ero stato assunto. Il mio primo incarico fu recuperare una nave da 30 mila tonnellate che si trovava ad Amburgo. Avevo vent’anni e quando vidi il motore, da 70 mila cavalli, e alto circa 40 metri, mi tremarono le gambe, eppure mi feci forza, avrei vinto anche in quell’occasione. Studiai dei manuali durante e dopo i turni di lavoro. Lavoravo con gli operai, nonostante fossi un ufficiale, e quando mi chiedevano perché fossi lì io rispondevo: per imparare! Dopo due mesi mi affidarono la responsabilità della sala macchine, il cuore della nave era nelle mie mani. Da quel momento feci esperienze incredibili e iniziai a girare il mondo fin quando, tredici mesi dopo, tornai a casa.

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La gioventù non è una virtù, è un dato anagrafico. Se i giovani non sanno interpretare il presente non riusciranno mai a trovare il loro futuro. Ho sempre sostenuto che chi non sogna non ha futuro. I ragazzi devono farlo, sognare non significa rimanere a contemplare il sogno, sognare significa progettare. Dopo 13 mesi fuori in mare aperto, lavorando tutti i giorni anche con la febbre, guadagnai un milione e quattrocento mila lire e, tornato a casa, dissi a mia madre che non avrei più continuato a fare l’ufficiale ero determinato ad intraprendere l’attività del noleggio vetture con l’idea di creare una compagnia internazionale; mia madre, seppur a malincuore accettò la mia decisione. Mi considerava un pazzo, non comprendeva come io potessi lasciare un posto sicuro per un’attività che allora non era nemmeno conosciuta, soprattutto nel profondo sud.

Aprii il mio ufficio in Via Spinuzza, a Palermo, e disegnai personalmente il primo bancone di lavoro. Era il 12 ottobre 1963, iniziava lì la mia scommessa con un parco auto composto da 3 macchine. La prima auto che comprai fu una Fiat 1300 amaranto, poi  si aggiunsero una Fiat 1100 e due Fiat 1500 L. Battevo i miei competitor dando una percentuale superiore e mantenendo un buon servizio. Rispetto agli altri consegnavamo la macchina a domicilio e andavamo a riprenderla ovunque fosse. Quando siamo nati non avevo intenzione di fermarmi alla Sicilia e nemmeno all’Italia; già allora il mio sguardo era rivolto all’Europa. In quegli anni affrontavo con una certa preoccupazione l’apertura di nuovi uffici, ma mi facevo una grande forza e andavo avanti, affrontando città che non conoscevo e un mondo che poteva crollarmi addosso da un momento all’altro. La frase che mi ripetevo era sempre la stessa: “Io sono più forte, io ci riuscirò” e poi alla fine ci riuscivo davvero.

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Noleggiavo le prime auto a 3.500 lire cercando di migliorare il servizio con tenacia e perseveranza. Oggi Sicily by car conta oltre 50 uffici sparsi in Italia, più di 20 mila macchine e 500 dipendenti. Il settore non è stato mai in crisi ed è la gestione aziendale, in questo campo, che fa la differenza. Nell’ultimo periodo non solo non abbiamo licenziato nessuno ma abbiamo continuato ad assumere persone ogni anno. “. Sicily by Car è un sogno lungo 54 anni che ha permesso di far fare tanti kilometri a milioni di individui. Non siamo una semplice società di autonoleggio, bensì una risorsa importante per la Sicilia e i siciliani.

Tutto si supera. Il primo a puntare su te stesso devi essere tu. Ogni mattina, da più di 54 anni, vado davanti allo specchio e mi dico: ”Io sono ok”, allungando le braccia e alzando i pollici. Devi darti un po’ d’adrenalina, di incoraggiamento. Ci sono stati periodi bui ma proprio in quei momenti mi sono fidato di ciò che sapevo fare. Devi credere in quello che stai facendo, devi essere ottimista e propositivo e pensare che puoi farcela. Con determinazione e lungimiranza sono riuscito a creare una realtà che dà lavoro a molte famiglie, l’ho fatto in una regione dove fare impresa è estremamente più difficile rispetto al resto d’Italia. Ho lavorato giorno e notte prefiggendomi obiettivi sempre più grandi e dopo averli raggiunti ripartivo con ottimismo e con l’idea che nessuno potesse fermarmi.

Il vero successo per me è aver assunto delle persone, aver contribuito a far crescere tante famiglie. Bisogna costruire, non smettere mai e prima occorre viaggiare, imparare molte lingue e acquisire molte conoscenze. I sogni sono costruzioni che non dobbiamo stancarci di produrre, sono la forza che tiene in piedi le nostre vite.

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Una gita a Terrasini, 1957: compagni di Pasqualino, poi sono stati pure di Tommaso. Il primo a sinistra e Lo Presti al centro.

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L’Università degli Studi di Palermo conferirà la prossima settimana una laurea magistrale honoris causa in “Scienze Economico-Aziendali” a Tommaso Dragotto, 82 anni, il "re" dell'autonoleggio, patron di Sicily by car. 

La cerimonia si terrà venerdì 16 ottobre alle 17 nella Sala dei Baroni del Complesso Monumentale dello Steri (piazza Marina, 61). Saranno presenti Fabrizio Micari, Rettore dell’Università degli Studi di Palermo, Angelo Mineo, direttore del dipartimento di Scienze economiche, Aziendali e Statistiche.

Tommaso Dragotto terrà una lectio magistralis. Questo il titolo: "L’energia del costruire. Imparare dal passato, costruire il presente, immaginare il futuro".

Il prossimo 16 Ottobre, presso l'Università di Palermo, verrà conferita la laurea Honoris Causa in Scienze Economico-Aziendali a TOMMASO DRAGOTTO, l'acquasantino più famoso dei nostri tempi. Ne ha fatto di strada 'u figghiu 'ra tabacchina, signora Elvira! Nell'immagine (2014), 'u tabacchinu dove Tommaso, in giacca e cravatta, ogni tanto sostituiva la madre al banco..una serietà spaventosa! Ci andavo a comprare i sigari Avana per mio padre o le sigarette Camel e Giubek per Pasqualino.

Facendo riferimento ai tempi della seconda guerra mondiale, il padre di Tommaso morì con l'affondamento del piroscafo Caralis, requisito come incrociatore leggero RN Caralis D9. 

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Il 28 maggio 1943, durante un pesante bombardamento aereo su Livorno ad opera di 92 velivoli (su 100 decollati) della 12ª USAAF (con obiettivo il porto, le raffinerie e lo scalo ferroviario, ma che colpì anche la città provocando 294 vittime civili), iniziato alle 11.30 e concluso alle 12.26, il Caralis, che aveva a bordo 180 tonnellate di esplosivi e munizioni, venne colpito da bombe ed incendiato. Diverse ore dopo la fine dell'attacco, a sera, le fiamme, che stavano divorando i locali interni della nave, raggiunsero i depositi munizioni dell'incrociatore ausiliario: il Caralis eruppe in una violentissima esplosione, che proiettò schegge per centinaia di metri in ogni direzione, dalla Stazione Marittima ai cantieri, provocando danni (secondo alcune fonti fu proprio l'esplosione del Caralis, più delle bombe, a provocare i maggiori danni alle strutture portuali) e vittime (un ciclista venne decapitato da una scheggia).

Il relitto della nave venne successivamente recuperato e smantellato

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