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Coronavirus e pandemie

Considerazioni sul colera del 1837, (Il post era già preparato prima dell’avvento del virus)…

Nonostante il cordone sanitario, Ustica si beccò il colera nel 1837, per poi farla franca nelle successive 3-4 epidemie.

Ne parla il Tranchina, forse testimone oculare del contagio perché all’epoca (1837), aveva circa 17 anni o magari era a Palermo in Seminario.

La prima vittima dell’epidemia fu tale Gaetano Giardino.

Nell’atto di morte si legge che il 25 luglio 1837 alle ore 22 (circa le ore 15 odierne) , due persone, Angelo Ingargiola e Angelo Gumina, dichiararono davanti al Sindaco, don Francesco Giacino, che un’ora prima, era morto nella sua abitazione, Gaetano Giardino di anni 42, villico, celibe.

Nell’atto non è riportata la causa della morte come da prassi, ma il Parroco scrisse che quella fu la prima vittima.

Si tramanda, che nella disperazione generale (fifa), toccò al Sindaco Francesco Giacino con l’aiuto del fratello Antonino, trasportare la sventurata vittima per il seppellimento nella zona distante dal paese, che poi sarebbe diventato l’odierno cimitero.

Il Sindaco, quindi, firmò l’atto di morte di ben 138 suoi paesani in quel terribile 1837, di cui circa 90 a causa del cholera o morbo indico, con la strage di quel mese di agosto, quando morivano 4-5 persone al giorno.

Finirono tutti in una fossa comune con la calce, fossa individuata o dispersa?

Non c’era tempo per esequie e per piangere

Oggi, 1° Gennaio 2020

Auguri a tutti

Ustica e lo Stato Civile: La nascita di un bambino

E poi, BUON COMPLEANNO !

A chi?...ma al nostro STATO CIVILE, che oggi, 1° gennaio 2020 compie 200 anni tondi tondi!

Lo Stato Civile fu istituito in tutto il Regno delle Due Sicilie, con decreti del 1819 dal Re Ferdinando I dei Borbone di Napoli, Re “Nasone” per intenderci, (1751-1825, figlio del munifico Carlo III). A Napoli era già stato imposto fin dal 1809 dal francese Gioacchino Murat.

A Palermo, le registrazioni degli atti di nascita, morte, matrimonio e altri, cominciarono puntualmente il 1° gennaio 1820, con un anticipo di quasi 20 anni rispetto alla potente e civile Inghilterra, dove lo stato civile cominciò solo il 1° luglio 1837. Ma, non erano “buzzurri” ‘sti Borbone?

Non tutti i comuni siciliani furono solerti ad effettuare le registrazioni dal 1° Gennaio.

Per esempio, Santa Flavia (Sòlanto fino al 1881), dal 1821; Monreale cominciò diversi mesi dopo colmando i vuoti da gennaio direttamente con le copie degli atti parrocchiali. Lagnusi, ma geniali.

E Ustica? Eh, per qualche motivo, magari mancanza dei registri prestampati, le registrazioni cominciarono il 1° febbraio 1820 con la nascita di un bambino, Giovanni Artino, figlio di Luigi e Grazia Taranto.

Quel 1° febbraro, alle ore 18, dunque, “..davanti il Sindaco ed Uffiziale dello Stato Civile di Ustica, Don Gaetano AJLARA, compare Don Luigi ARTINO di anni 39 di professione “detenuto civile”, domiciliato in questo Comune, che presenta un fanciullo, dichiarando che lo stesso è nato da Grazia Taranto di anni 20, domiciliata in questo sudetto Comune ed in una casa senza numero sita e posta nella parte di Levante...e da detto don Luigi Artino, nel giorno primo del mese di febbraro 1820 alle ore 18 nella casa di abitazione delli detti di Artino e Taranto coniugi; Presentazione e dichiarazione fatta alla presenza dei testimoni Domenico Licciardi, borgese, domiciliato in una casa senza numero nella parte di Levante e di Don Agostino Caldararo, benestante, domiciliato nella sua casa senza numero, posta vicino all’unico zagato publico.”

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1) Questo primo atto di nascita a Ustica fu redatto dal sindaco Gaetano Ajalara, alla sua prima vera sindacatura, dal 1819, da cui, via “Sindaco Primo”. Pare fosse un tipo tosto, spesso ai ferri corti col Governatore Militare.

2) Don Luigi Artino, doveva essere un detenuto politico, influente, il suo nome compare nei rapporti di Polizia dell’epoca, un carbonaro, insomma...e poi, se due maggiorenti si scomodarono per fargli da testimoni…

3) L’atto di nascita fu redatto alle ore 18, intese “all’italiana” (dall’ultimo Vespro) e quindi, data la stagione, si può collocare intorno alle ore 11 A.M. odierne.

4) Case senza numero e manco vie !!!! E allora, in che anno furono denominate le strade e le case con i numeri civici?? Mha! Forse dal 1860 in poi?

5) Il testimone Licciardi era un borgese (“burgisi”), un possidente, mentre don Agostino Caldararo, addirittura un “benestante”

6) Tutti sapevano firmare e così conosciamo la firma del “Sindaco Primo”-

Per inciso, gli atti di morte...dal 31 gennaro 1820 e i matrimoni dal 6 maggio 1820.

Si ringraziano i Mormoni e il SAN per aver fornito il documento.

Registro N° 1, Atto di nascita n° 1, 1/2/1820

Filippo Sodaro, primo Regio Commissionato nel 1776

USTICA nella seconda metà del Settecento.

Giovane, crescente Comunità, àlacre, collaborativa, rispettosa, praticamente: "Chi irita 'nta 'lluocchi".


Il Signor Filippo SODARO, primo Regio Commissionato nel 1766.
Era l'alto funzionario incaricato dal Governo di gestire le difficili tappe della colonizzazione di Ustica, iniziata nel 1763.


Ne parla bene e diffusamente il Parroco Tranchina nella sua Storia di Ustica (pubblicata nel 1885-86) :
"Coadiuvato dal Governatore Gomez de Arza, venuto poco dopo di lui, seppe mutare questo nudo scoglio in asilo di uomini, fertilissimo e pacifico, le torri, le piattaforme, le strade, lo sboccamento della terra (il Paese), le cisterne, i magazzini, la Chiesa, sorsero sotto gli auspici del Sodaro…"


Fu troppo onesto e laborioso, tanto da suscitare, dopo l'iniziale collaborazione, l'invidia del Governatore Militare, che lo ricoprì talmente di calunnie da farlo rimuovere dalla carica alla fine del 1769 (...irita 'nta 'lluocchi, ..di cui sopra….).

In sua vece arrivò tal Vincenzo Emmanuele SERGIO (Palermo 1740-1810), giovane economista e docente, famosissimo ai suoi tempi, ma pessimo burocrate prestato alla politica, incaricato dal viceré Fogliani a "soprintendere al popolamento dell'isola di Ustica" (da: Enciclopedia Treggatti)"

Nei pochi mesi della sua gestione andò tutto a soqquadro, attivissimo solo a fare male altrui e giovare a sé, ridusse alla fame i coloni mentre lui se la godeva in balli, orge, disoneste bische, sollazzi di ogni genere, sciupando il denaro del Popolo che a furia di prepotenze insaccava a piene mani " (Tranchina). I

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Il Popolo si ribellò e al Real Governo giunsero così tante vivissime rimostranze che, alla fine di maggio 1770, Filippo Sodaro fu dichiarato innocente e reintegrato nell'incarico fino al 1774.

C'è traccia di queste "vivissime rimostranze"? Sì, all'Archivio di Stato di Palermo-Gancia, tra gli atti del 1° notaro civile di Ustica, Andrea Corvaja, c'è un documento in cui molti isolani testimoniarono della assoluta onestà del Regio Commissionato, chiedendone il riavvicinamento.

Tutti i testimoni firmarono col segno della croce, sono leggibili alcuni nomi: Onofrio Spanò, Domenico Tranchina, Antonino Maria, Felice Zanca, Felice Taranto, Giuseppe Russo, Domenico Faddo (Fallo), Felice Natoli, Gaetano Pajno, Antonino Martello, Angelo Sciacchitano, Tomasi Picone, Petro Bertuccio, Domenico Basile, Antonino Gumina, etc...
Il documento con le 'firme' dei coloni, 4 Aprile 1770.

LA ‘GRANA’ con la SODA e LA ‘GRANA' ...per LA SODA

Intanto, Natale 2020 è imminente, e già da giorni si respira un’aria gioiosa e festosa, carica di amore, altruismo, rispetto e bontà per il prossimo e nulla può inficiare tale atmosfera, anche se ogni tanto sorge qualche indesiderata diatriba o peggio, si verificano dolorose, quasi immotivate defezioni dal Gruppo con altrettanti graditi ritorni. Lo spunto ideale per riallacciarsi alla serie “Chi ‘irita ‘nta ‘lluocchi”, che, ovviamente, è prerogativa di qualsiasi comunità, piccola o grande che sia.

In precedenza avevano scritto della defenestrazione simbolica ma burocraticamente effettiva, del Regio Commissionato, l’onesto e infaticabile Don Filippo Sodaro, il funzionario che teneva i rapporti tra la comunità isolana e il Governo. Episodio increscioso avvenuto ai primi di Ottobre del 1769, il 14 di quel mese vi fu l’alluvione che si portò via la Chiesa in costruzione e cancellò i confini tra le terre. Il Governo inviò allora in Ustica il trentenne prof. di Agraria all’Università di Palermo, Don Vincenzo Emmanuele Sergio (Palermo 1740-ivi 1810), definito “flagello per l’isola” dal parroco Tranchina, che ne descrisse tutte le cattive qualità possibili.

E giusto per averne un’idea, è d’obbligo pubblicare un documento, stranamente inserito tra i bastardelli notarili del 1° Notaro Civile di Ustica, Don Andrea Corvaja (bastardelli, minute e atti, dal 1765 al 1775. Non si ha notizia di documenti similari, prima del marzo 1765). Da premettere che, dall’inizio della colonizzazione, e fino a circa il 1860, una delle fonti primarie di reddito dei coloni, era costituita dal commercio delle ceneri di soda (“L’Oro Bianco” di G. Giacino) che si otteneva “abbruciando” l’erba Spinella, di cui si è persa completamente la memoria. L’affare era talmente redditizio che un numero sempre maggiore di terreni fu adibito a coltivazione della suddetta erba, compromettendo l’esito delle altre coltivazioni. Il problema dovette essere talmente grave, che il famigerato nuovo Regio Commissionato, Vincenzo Emmanuele Sergio, così ordinò:

A 2 Aprile 1770 3a Indizione

“ Dietro l’arrivatami notizia, che forse in codesta Isola sia stato con eccessivo avanzato il seminerio della soda, che si considera pregiudizievole e dannoso aj terreni coltivabili della stessa, quando per altro per le istruzioni date dal mio predecessore...Consultore Don Domenico Pensabene, resta vietata una tal semina ed indi posteriormente fu dallo stesso soltanto permessa nelli terreni rampanti non atti a seminerio de’ grani, stimaj perciò con mia lettera de 18 ottobre 1769, ordinare al predecessore Regio Commissionato Sodaro la pubblicazione d’un bando da me disposto col quale restasse proibito ed affatto vietato a tutti codesti isolani il seminerio della soda predetta nej terreni atti a coltura suggettando li trasgressori alle pene contente in esso bando con essermi indi reserbato dare l’ulteriori provvedimenti in assonto ad un tal seminerio di soda dietro la relazione de’ Periti ed informi che dovea prenderne in veduta delle nove istanze avanzatemi da codesti isolani a’ qual oggetto in occasione di essersi costì portato il Delegato Don Domenico De Luca con l’Agrimensore Giovanni Arduino per farsi la rimisurazione de’ terreni incaricaj l’istessi a riconoscere esattamente la semina della soda senza recare alli medesimi alla quale ancora debba vietarsi fornendone a questo fine esso Agrimensore relazione giurata da trasmettersi a me per riesaminarla essendo insierata? Da altre persone prattiche ed indi poter ordinare o convenevole per non danneggiarsi i terrenj di codesta isola col strabbocchevole seminerio di detta soda anzi restare li medesimi sempre ben coltivati e beneficati per la esistenza di detta Deputazione ed al resto del Real Patrimonio.”

Il tono è severo, perentorio, “strurusu”, ma come abbiamo già visto, a seguito di supplica al Governo, firmata da notabili e coloni (col segno della croce), l’integerrimo Sig. Don Filippo Sodaro, fu reintegrato nel suo incarico di Regio Commissionato in Ustica, dopo 6 mesi di esilio in Palermo.

S ringrazia l’Archivio di Stato di Palermo per avere fornito il suddetto documento notarile.

Si ringrazia altresì Gaetano per averci capito qualcosa del cennato documento al fine di trascriverlo in chiaro.

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USTICA e...il bue dal pelo cavallino, puru lagnusu…..(1771)

Il primissimo notaro di Ustica fu un funzionario governativo, tale Don Andrea Corvaja (Palermo 1705-Ustica 1775), talmente potente da essere compreso tra i 100 assegnatari di terre dell’isola, ben due salme! , come riportato nel famoso contratto enfiteutico del 1769. Ne parleremo in seguito, il tempo non manca.

Diremo solo che Don Andrea era un notaro “civile”, cioè non professionista, fungeva, insomma. I suoi primi atti non sono tali, non recano alcuna introduzione, preambolo, incensi a Re e Divinità varie etc, ma cioè sono quelli che in gergo notarile si chiamano “bastardelli”, annotazioni riassuntive e utili per l’immediata attivazione pratica della volontà delle parti contraenti, magari da servire per un rogito vero e proprio. Ad esempio, in questo “bastardello”, datato:

“A 4 marzo 4a Indizione 1771

Giuseppe BERTOLO...ave venduto e vende al Rev. Sacerdote Nicolò CALABRO’..e comprante un bue pelo cavallino con un osso mancante, quale confessa detto compratore….ad uso difesa però senza difetti, ma col solo difetto che non vuole travagliare nell’aria (aia)….al prezzo di ducati 7 e grana 20 in danari, quali ducati 7 e grana 20 detto compratore s’ave obligato pagarli alla raccolta prossima ventura della soda e non mancare”

Insomma, un prete “abbampatu”, un bue che cadeva a pezzi e lagnusu.

Il commercio della soda che si ricavava dopo avere “abbruciato” l’erba spinella era fondamentale per l’economia dell’isola, anche troppo, tanto da compromettere le altrui culture e fare intervenire il Regio Commissionato Vincenzo Emmanuele Sergio, un funzionario governativo sempre ostile all’isola, che ne regolamentò la cultura, con opportuna rotazione dei campi etc.

Nella data, immancabile il riferimento alla 4^ Indizione, un mero computo temporale ecclesiastico, sulla base di un periodo di 15 anni, da ricavare con elementare calcolo aritmetico.

Bertolo è un cognome estinto a Ustica.

Il prete Nicolò Calabrò è quello che registrò la prima nascita a Ustica, 6 maggio 1763. Il bambino era un Giuseppe Basile, di cui parlammo tempo fa.

Si ringrazia me stesso per le ricerche all’Archivio di Stato (Gancia), 6/2/2020. Ora è chiuso.

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Ustica e lo Stato Civile: Il Primo Matrimonio (non registrato) 
Ovvero: "questo matrimonio non s'ha da fare, né domani, né mai."

All’impianto dello Stato Civile, abbiamo visto in precedenza, che Ustica rispose in ritardo, tanto che il primo nato fu registrato il 1° febbraio 1820, o forse nessun nato in gennaio.


Ancor peggio per quanto riguarda i matrimoni. Da premettere che a que tempo non esisteva il matrimonio civile (istituito in Italia nel 1866), ma c’era il rito “dell’acchianata ‘o Municipiu”, cioè, i futuri sposi si recavano in Comune e, davanti all’ufficiale di Stato Civile, manifestavano e sottoscrivevano la Solenna Promessa di celebrare in Chiesa il matrimonio tra loro concordato , secondo le forme prescritte dal Sacro Concilio di Trento (1563).


Ebbene, con forte ritardo rispetto al mese di gennaio , il 6 maggio 1820, viene registrata la prima solenne promessa di celebrare il matrimonio:

“ Atto n° Primo...6 maggio 1820...alle ore una di notte, avanti Don Gaetano Ajlara sindaco ed uffiziale dello Stato Civile del Comune di Ustica...sono comparsi: Leonardo Peluso, di anni 41, nato a Ustica di professione soldato di questa dotazione, domiciliato in questo comune, figlio del fu Antonino
domiciliato allora in questo Comune, e della fu Anna Taranto, domiciliata allora in questo Comune……..
e
Rosolia Favaloro di anni 23 nata in Ustica e domiciliata nella stessa, figlia di Angelo Favaloro di anni 63 di professione lavoriere domiciliato in questo Comune...e di Maddalena Lauricella di anni 56 domiciliata in questo Comune, coniugi.

Notificazione (Pubblicazioni) nella casa comunale,
il 16 aprile 1820.
Documenti prodotti:
1) Fedi di battesimo di Leonardo Peluso 7/12/1779 e di Rosolia Favaloro 8/5/1797;
2) Atto di contentamento (consenso) di Angelo Favaloro e di Maddalena Lauricella, genitori della detta Rosolia Favaloro, rogato presso questo notajo Don Antonino Maggiore di questo Comune il dì 4 maggio 1820.
Tra i 4 testimoni si nota Don Crescenzo Alajmo di anni 27 di professione cancelliere sostituto di questo Giudicato domiciliato nella Strada del Sindaco numero 35….
Gli altri tre testimoni:
il sacerdote BiaggioIngargiola..domiciliato nella Strada del Calvario (e dove se no?) ; Felice Famularo, domiciliato nella Strada della Confusione;
Carmelo La Rosa, domiciliato nella Strada della Nunziata.

Bomba!
Il 31 dicembre 1820, il Sindaco, Don Gaetano Ajalara, chiude il registro contenente il solo suddetto atto di solenne promessa etc, in seguito del quale non si è eseguita la celebrazione del matrimonio….

La calligrafia del Sindaco (Primo) è davvero smart!

Note:
1) I futuri sposi si recano in Comune all’una di notte...ovviamente “ora d’Italia”, che, considerando la stagione, era pur sempre alle ore 20:30 circa !

2) Don Crescenzo Alajmo, sorta di Vice-Pretore, abitava nella Strada del Sindaco!
Aveva già questa denominazione o era solo un riferimento alla strada dell’abitazione del Sindaco?

3) Il notajo Maggiore, allora 26enne, aveva lo studio nella Piazza San Ferdinando (Attuale Vito Longo).

4) In quel 1820, contrariamente a quanto pensavo, buona parte delle strade, aveva un nome...venivano citate ad es.: “strada della Chiesa” (attuale Randaccio?), dove abitava l’altro notajo Ignazio Artesi Jr., (di cui parleremo in avanti) e poi, via Politi, strada della Confusione, Strada del Calvario, Strada della Nunziata (qual é?), etc…

5) I promessi sposi, per qualche motivo, rinunciarono a sposarsi. Però risulta che Rosolia Favaloro, sposò nel 1834, tale Andrea Tuppo. (fonte: Chris Caravella).

6) Sempre peggio: le promesse solenni, riprendono il
28 gennaio 1821; cosa sia accaduto, non è dato sapere, specie in un periodo in cui si celebravano 15-20 matrimoni l’anno. Forse gli sposi by-passavano il Comune e si sposavano direttamente in Chiesa…..chissà...

Tributo al Parroco don Michele Russo

Autore di una interessante “Memoria sull’Isola di Ustica”, che include eventi dal 1597 al 1820, pubblicata a Palermo per Luigi Pedone Editore, nell’anno 1875; pure autore di una carta topografica di Ustica, poi ripresa da altri.

Autentico figlio del ‘700 , era nato a Ustica il 29 Marzo 1765, figlio dei liparoti Giovanni Russo e Domenica Sarni. Non era un diarista ma la sua “Memoria” ci aiuta molto a capire il primo periodo della colonizzazione dell’isola. Il suo ritratto, una tela tarlata, è conservato nella Canonica della Chiesa, e riporta la data di nascita e di morte, 1° novembre 1830. In verità, morì il 1° novembre 1829, come si evince dall’atto di morte, redatto da don Antonino Maggiore (Ustica 1794- ivi 1884), Sindaco ed Uffiziale di Stato Civile del Comune di Ustica, nonché notaro co-esercente con l’altro notaro don Ignazio Artesi Anselmo (Ustica 1789 – ivi 1842); inutile dire che i due notari “si javanu chi irita ‘nta ‘lluocchi”, ne parleremo; due giovani sacerdoti isolani, don Emmanuele Caldararo di anni 29 e don Salvadore Ajlara di anni 35, dichiararono che sotto quella data..”….è morto don Michele Russo, sacerdote, cappellano ed economo di questa Parrocchia, di anni 64, domiciliato in via della Torre…..” Se ne andava un testimone di un’epoca..una epopea.


Difficile dire se il parroco Russo fosse ancora in carica all’epoca della sua morte, dato che i testimoni erano proprio altri due sacerdoti locali. Possiamo immaginare l’anziano prete che scende per la ripida Via della Torre col tricorno in testa o col più moderno cappello a tegola (con le falde ripiegate).
 

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“L’Affaire” del 30 Gennaio 1845. La briga sorta tra la Gendarmeria e la Guardia Urbana….”l’individuo” Antonino Giacino!
Due “discoli”, ovvero quando due notabili “oltraggiarono” la Gendarmeria (1845)

Lo storico e saggista Giuseppe Giacino, in un post rievoca un episodio di cui fu protagonista il suo trisavolo Antonino Giacino (Lipari ca 1788-Ustica 1863), assieme all’onnipresente Notaro Antonino Maggiore (Ustica 1794-1884), offrendoci un ottimo spunto per investigare sulle accuse pretestuose mosse nei confronti dei suddetti notabili.

Occorre una premessa, fornita dal Parroco Giuseppe Tranchina, nella sua Storia di Ustica:

Durante la sindacatura di Don Andrea Di Bartolo (Ustica 1780-1859), nella notte del 30 Gennaio 1845, in casa di un certo Perdichizzi, era in corso una indegna bisboccia con musica e balli, presenti anche tre gendarmi con alcuni relegati (!) e le rispettive mogli. Intervenne la Guardia Urbana (Polizia Municipale), per porre fine alla crapula e quant’altro, ordinando a tutti di ritirarsi nelle loro case. Un gendarme spianò il fucile contro la Guardia Urbana che, per evitare il peggio, si ritirò in buon ordine, per redigere poi il suo rapporto. La Reale Gendarmeria intimò al Capo Urbano, Notar Maggiore (Sottocapo Urbano, Antonino Giacino), di distruggere il rapporto. Al diniego del Maggiore, finì a pesci in faccia.

Intervenne il Governatore Militare, Tenente Colonnello Carlo Calcagno, che stilò un feroce rapporto contro i capi dell’Urbana, che furono tradotti in carcere e portati a Napoli come due volgari delinquenti. Con un bravo avvocato, Maggiore e Giacino, dimostrarono la loro innocenza e tornarono a Ustica, liberi e trionfanti.

L’incartamento relativo a quell’increscioso episodio si trova all’Archivio di Stato di Palermo (Gancia), la cui descrizione sommaria è contenuta nel volume “Real Segreteria di Stato – Ripartimento di Polizia – 1846”.

Cosa dicono quelle carte? Lo sapremo tra sette giorni (ma che è, Topolino?), cioè alla prossima puntata, dopo che avrò visionato e fotografato le pagine salienti dei fascicoli.

Immagini:

Volume-Polizia, 1846, Filza 440, Fascicolo 33/4, documento 1295 e 1296

l 22 Dicembre 1846 si registra: “ Sul conto di Don Antonino Giacino, Ricevitore dei Rami e Diritti Diversi d’Ustica. Nell’incartamento sonvi gli atti del 1845 relativi alla destituzione di quel Capo Urbano D. Antonino Maggiore e al Sottocapo Urbano Giacino, per oltraggio a quella Gendarmeria.

 

Curiosità: Antonino Giacino morì a Ustica nel 1863. L'atto di morte fu firmato dal nipote Giuseppe (1815-1890) , Sindaco e Notaro..figllo di Francesco, fratello di Antonino..

Antonino suo fratello con il quale portarono il il deceduto del colera al camposanto perché nessuno voleva avvicinarsi per paura del contagio.

I dati vitali dei Giacino, Maggiore e Di Bartolo, sono forniti da Chris Caravella di New Orleans.

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Il caso del 30 Gennaro 1845, anticipiamo il documento (fascicolo) n° 1295...Filza 440, Polizia...circa 50 pagine...riguardante l'arresto del Ricevitore Antonino Giacino e del Notaro Antonino Maggiore, rispettivamente sottocapo e capo urbano di Ustica, per oltraggio alla Gendarmeria.

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Abbiamo descritto in sintesi, gli avvenimenti della notte del 30 Gennaio 1845, a seguito dei quali Don Antonino Maggiore, Notaro e Capo della Guardia Urbana, e Don Antonino Giacino, Ricevitore e Sotto Capo Urbano, entrati in conflitto con la locale Gendarmeria, ebbero la peggio, essendo stati addirittura tradotti in cattività in quel di Napoli.

Dall’esame dell’incartamento relativo all’episodio, conservato all’Archivio di Stato di Palermo (Gancia), risalta subito che, un fatto relativamente grave, a livello di bega di paese, abbia invece coinvolto le più alte sfere amministrative del tempo e cioè:

1) Il Luogotenente Generale del Regno, Tenente Generale Luigi De Majo, Duca di Sanpietro; una sorta di Viceré al quale spettava l’ultima parola.

2) Il Luogotenente Generale di Polizia, Generale Francesco Saverio del Carretto (!!), vecchia conoscenza di Ustica al tempo della fallita ‘rivoluzione’ del 1820, quando si presentò con 700 soldati !! Esagerato!;

3) Il Generale con compiti di Polizia, Giovan Battista Vial;

4) I Prefetti di Napoli e Palermo;

5) Il Direttore Generale dei Rami e Diritti diversi di Palermo, da cui dipendeva il Giacino;

6) Il Comandante Militare della Piazza di Ustica, Tenente Colonnello Carlo Calcagno (che già vecchio sposò a Napoli una giovane di Ustica che lo aveva servito nell’isola).

7) Il Comune di Ustica nella persona del sindaco, don Andrea Di Bartolo, zio del navigatore.

8) Altre figure minori.

Il Generale Del Carretto e il Generale Vial, erano due specialisti di successo nella repressione di tutti i moti insurrezionali anti- governativi.

C’è la fondata impressione che le carte esistenti siano superstiti di un più organico complesso documentario, visto anche il disordine temporale degli stessi. Le circa 50 pagine (facciate) scritte sono abbastanza intellegibili con un facile linguaggio burocratico, niente al confronto degli odierni “efficientare”, “efficientamento” etc…

Pubblichiamo, in chiaro, la lettera del famigerato Del Carretto al Luogotenente Generale, datata Napoli, 17 Luglio 1846, il tono è mellifluo, anche se da parte del Capo della Polizia al rappresentante del Re:

“ A Sua Eccellenza il Luogotenente Generale di Sua Maestà ne’ Reali Domini di là del Faro”:

“ Eccellenza

il dimesso sotto Capo Urbano di Ustica Don Antonino Giacino prosegue ad inoltrare suppliche, nel fine di essere reintegrato in carica. Sostiene che nell’avvenimento del 30 Gennajo 1845 egli non vi prese altra parte che quella di cooperare al buon ordine. E dimanda che a provare la di lui innocenza si sentano le testimonianze di tutte le Autorità, meno il comandante l’isola di Ustica, il quale sarebbe forse interessato a nascondere il vero. Or io, nella mira di prendere una diffinitiva determinazione sulla dimanda del ricorrente, pregherei la bontà di Vostra Eccellenza a volere approfondire sulla condotta tenuta da questo individuo nel succennato avvenimento e sul modo com’egli ha servito alla Guardia Urbana, compiacendosi d’indicare il risultamento delle ulteriori ricerche col di lei avviso”.

Il Ministro Segretario di Stato

della Polizia Generale

M.se Del Carretto

Nella stessa lettera vari pareri e osservazioni di Prefetti etc, dove si parla già della sostituzione del Giacino con tale D. Francesco Del Bono, giusta il parere del Comandante la Gendarmeria.

Lettera-Napoli-16.7-1846-Del-Carretto-al
Lettera-Napoli-16-7-1846--Lettera-Napoli
altro-Comando-Armi-Sicilia,-25-3-1845.jp
Comando-Armi-Sicilia-25-Marzo-1845.jpg
Prefettura-di-Polizia-Palermo-12-4-1845.

USTICA – Quando il Sistema Metrico Decimale (introdotto nel 1861) era “novello”.

In un documento notarile del 1866, riguardante i miei antenati di Ustica, si legge che:

“ Il 25 Agosto 1866, presso il Notaro Giuseppe Giacino (anche sindaco), fu Francesco, con studio in Ustica, via Confini, si stipulava la seguente compravendita:

Domenico Palmisano, villico, vendeva a Domenico Caezza, commissionato verbale, cioè rappresentante dei coniugi Gaetano Palmisano (Ustica 1833-Palermo 1888) e Cristina Caezza (Ustica 1838-Palermo 1913) ...la quantità di tomolo uno circa terre e propriamente quanto si trova corrispondente ad Are 10 e Centiare 91 del “novello Sistema Metrico Decimale….!

Il prezzo pattuito della vendita fu di Onze 30, pari a Lire 382,50, circa 1960 euri di oggi.

La terra venduta si trovava in contrada Piano dei Cardoni; le parti contraenti erano imparentate perché il venditore Domenico Palmisano (1812-94) era fratello maggiore di Gaetano Palmisano, mentre Domenico Caezza (1800-1880) era il padre di Cristina Caezza.

I compratori, Gaetano Palmisano e Cristina Caezza, erano i miei bisnonni, genitori di mia nonna paterna, Paola Palmisano.

Il Notaro Giuseppe Giacino (Ustica 1815-1890) era figlio di Francesco Giacino (1784-1855), sindaco-eroe di Ustica al tempo del colera del 1837, nei terribili mesi da luglio a settembre.

Il Notaro affermava che un tomolo corrispondeva a 1091 mq, come considerato a Palermo, ma in realtà, in seguito ad Ustica, fu sempre considerato di 1394 mq, come risulta da atti notarili posteriori (per esempio, Notar Nicolò Punzo, atto di divisione del 16/1/1924, che riguardava, guarda caso alcuni Giacino, per un terreno in contrada ….)

  1. Prima pagina dell'atto 1866, in basso,citato il novello Sistema Metrico Decimale.

  2. Terza pagina, alla fine, scrittura di proprio pugno del Notar Giacino.

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La stirpe notarile degli ARTESI.

Premesso che fin dall’inizio della colonizzazione, il servizio di trasporto della corrispondenza ufficiale (militare), fu svolto dalle barche trapanesi in cambio del permesso di pescare il corallo nelle acque di Ustica, ...e perciò è sparito.

Poi, per interessamento del controverso Governatore Roberto Gomez D’Arza e del Regio Commissionato Sig. Filippo Sodaro, il servizio fu svolto da una feluca, un lancione e infine da uno sciabecco, al comando di Padron Pietro Caldararo che assicurava anche il rifornimento di acqua con botti tramite uno schifazzo, un’imbarcazione minore. Il tragico episodio che segue si inserisce nel periodo delle cosiddette Guerre Barbaresche, un lungo conflitto che vide gli Stati Uniti contrapporsi allo strapotere sul mare delle Potenze Barbaresche di Algeria, Tunisi e Tripoli, che esigevano un “tributo” per non attaccare le navi americane. Quando il Pascià di Tripoli avanzò ulteriori pretese, irritando il presidente americano Jefferson, nel maggio 1805 un contingente di Marines sbarcò prima a Derna e poi a Tripoli, costringendo alla resa i barbareschi, che comunque, cessarono le scorrerie solo nel 1815.

 

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La tragedia della Barca Corriera. Scrisse il parroco Giuseppe Tranchina: “…la mattina del 14 Ottobre 1804 furono avvistate a 16 miglia di distanza, 15 navi nemiche (musulmane), mentre si spettava la barca corriera che tardava a venire da Palermo. Si sospettò subito cosa poteva essere successo e cioè: un brigantino con bandiera Napoletana sparò un colpo di cannone all’indirizzo della barca corriera, stracarica di ben 60 persone. Capitan Caldararo tratto in inganno dalla bandiera, si avvicinò al brigantino, ma fu investito da una tremenda bordata che mandò subito a fondo lo sciabecco postale. Alcuni galeotti, incatenati, scomparvero subito con la nave, molti altri affogarono subito dopo. Padron Caldararo fu catturato e poi venduto schiavo ad Algeri assieme ad altri 15, ben 45 morirono. Tra le vittime illustri: il medico-chirurgo dell’isola, dr. Rizzo da Chiusa (Sclafani) e il notaro Ignazio Artesi Milone (Milone, cognome della madre), per cui l’isola restò senza notajo finché il figlio fatto adulto lo suppliva…” Fin qui il Tranchina.

Il notaro annegato, Ignazio Artesi Milone (1754-1804), fu il 1° vero notaro professionista che iniziò a rogare il 22 Febbraio 1779 in latino! ponendo fine all’era dei cosiddetti notari civili, Andrea Corvaja- Agostino Chiarelli- Pellegrino Augello (marzo 1765 - gennaio 1779).

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Quindi, Ustica soffrì davvero una vacanza...notarile? No! In realtà, poiché il potere ha orrore del vuoto, dopo appena 6 giorni dalla tragedia, il 20 Ottobre 1804, la carica di notaro fu assunta dal figlio 22enne Vincenzo Artesi Anselmo (Anselmo, cognome della madre), che era nato proprio a Ustica il 3/12/1782. Il giovanissimo notaro rogò fino al luglio 1806 (appena 3 volumi), per lasciare il posto al 20enne fratello Michele Artesi Anselmo, che rogò fino al 1812, quando la carica passò all’ultimo fratello, il 24enne Ignazio Artesi Anselmo (Ustica 1788-ivi 1842) che rogò fino alla sua morte, avvenuta prematuramente nel 1842. Con la morte di quest’ultimo notaro e di tutti e quattro i figli infanti, si estinse la stirpe notarile degli Artesi, durata dal 1779 al 1842, ben 63 anni! Per inciso, la “polpetta” del notariato di Ustica, dal 1816 veniva divisa in maniera equanime tra l’Artesi e l’emergente 26enne notaro Antonino Maggiore (1790-1884), che rogò per ben 67 anni. Inoltre, con la morte dell’Artesi, poté subentrare il 26enne notaro Giuseppe Giacino (1816-92), collega e amico del Maggiore, come ben sappiamo dai fatti del 30 gennaro 1845, quando tutti e due furono arrestati e tradotti in Napoli per le diatribe avute col Governatore Militare. Dopo questi ultimi due, Ustica non ebbe più notari di Ustica ed ivi esercenti.I

 

schifazzo s. m. [der. di schifo2]. – Imbarcazione a vela siciliana da traffico per lo più costiero e per la pesca delle spugne, con scafo a forme piene e dritti estremi inclinati all’interno, di grandezza sino a 35 tonnellate di stazza; era attrezzata con due o tre alberi a vele latine caratterizzati dall’albero di trinchetto inclinato in avanti e quello di mezzana alquanto corto, e dalla vela (talvolta anche di tipo aurico) sporgente dall’impavesata poppiera.

 

sciabécco s. m. [dall’arabo shabbāk] (pl. -chi). – Veliero mediterraneo di origine araba, con lo scafo alquanto simile nei settori poppieri alla galea e con prua slanciata, con tre alberi e talvolta un piccolo bompresso, ancora in uso sino al sec. 19° per le ottime doti di manovrabilità, velocità e tenuta del mare, capace di navigare anche con i remi; molto diffuso nei sec. 17° e 18°, sia per il commercio sia per attività guerresche (in partic., scorrerie barbaresche e guerra di corsa, nelle quali, dalle marine rivierasche, vennero contrapposti sciabecchi armati per la sorveglianza e la vigilanza delle coste). In base alle diverse attrezzature veliche, si distinguevano: sc. latino, con la disposizione classica di una vela latina a ogni albero a calcese; sc. mistico, quando oltre alla vela latina del trinchetto portava vele quadre e randa alla maestra e alla mezzana; sc. quadro, quando portava al trinchetto, e talvolta alla mezzana, più vele quadre e una randa: due sc. francesi stanziavano alla bocca del porto (Botta). Nell’uso com., in senso spreg., nave piccola, di scarsa capacità e importanza, e malridotta.

Il notaro Ignazio Artesi Milone, affogato con la barca corriera, come trovato da Chris Caravella, nei registri parrocchiali di morte. Il parroco di allora, ne registro la morte due giorni dopo la tragedia, il 16 ottobre 1804, riportando: "Ignazio Artesi, Notaro, morto in mare per un attacco di pirati, come da testimonianza di Pietro Caldararo e Felice Bertolo".

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Il sindaco Nicolò LONGO

In un’epoca di disaffezione sindacale, non si può fare a meno di pensare che ci fu un tempo in cui invece l’affetto e la stima della popolazione verso un sindaco dell’Ottocento, consentì a questi di raggiungere un record insuperato in longevità amministrativa.

Nicolò LONGO nacque a Ustica il 22 febbraio 1822. Figlio di Vito Longo ( Panni (Foggia) 1796 -Ustica 1854), e dell’isolana Giuseppa Luca (Ustica 1803 - 1891), sposò il 21 novembre 1844, Caterina Compagno (Ustica 1829 - 1863).

Tra i 12 figli della coppia, vi fu un Vito Longo, nato nel 1847 e morto da infante. Seguì il noto Vito Longo, nato a Ustica il 9 aprile 1849, capitano di fanteria, trucidato a Dogali il 26 gennaio 1887 dai guerrieri abissini di Ras Alula.

In Italia, era il tempo delle canzonature e volgarità nei riguardi degli Abissini di Menelik e altri capi, ma il capitano Longo aveva avvisato i suoi superiori della impossibilità di affrontare le orde del Ras. Niente, inascoltato e massacro inevitabile. La notizia ufficiale della morte dell’eroico militare arrivò al Comune di Ustica nell’aprile 1888, atto di morte formato il 4 giugno 1888, come abbiamo visto in un post di qualche tempo fa. Il Ministero della Guerra non aveva fretta, tanto, chi c’è, c’è e chi non c’è....

Un monumento, collocato nel settembre 1898, ma forse inaugurato nel gennaio 1899, lo ricorda nella omonima piazza.

I “trasmigrati” in America contribuirono alle spese per il monumento. Il discorso dell’inaugurazione fu pronunciato, anzi, declamato, dal maggiore della riserva, Don Augusto Gostel, poi sindaco anni dopo. Nella famosa foto dell’evento, avrebbe dovuto esserci presente almeno il padre del militare, l’avv.to Longo, appena dimessosi da sindaco, ma non sembra di scorgere qualcuno riconducibile a lui. Accanto all’infervorato oratore Gospel, si nota un signore in bombetta e ricoperto di medaglie, ma non è certo un 76enne, qual era l’avvocato.

Nicolò Longo, precoce “legale”, avvocato, a soli 23 anni, partecipò sempre attivamente alla vita politica dell’isola e fu eletto sindaco per la prima volta nel gennaio 1853 e l’ultima volta nel 1898, quando si dimise per crisi consiliare.

Ben 45 anni di intensa vita amministrativa di cui 21 anni e 10 mesi come sindaco, facendo la somma di tutti i periodi di sindacatura. Un record ineguagliato fino ai tempi nostri, anche se non sono mancati altri sindaci pluri-mandato, specie nel dopoguerra: Anna Notarbartolo di Sciara, ‘a sindachessa, (2 mandati), Lillo Maggiore (2), Filippo Vassallo (2), Vito Ailara (2), Aldo Messina (2) e Attilio Licciardi, 3 mandati per un totale di 14 anni, secondo recordman, dopo Nicolò Longo.

La casa dell’avvocato Longo era alla “Pirrera”, a sinistra dell’inizio di via Tramontana, presso ex cisternone, oggi frutta e verdura Rosy, con ingresso nel terreno da un arco rosa. La casa è da tempo di un’altra nota famiglia isolana. Proprio in quella dimora si conservano antichi ritratti, tra cui quello del benemerito avvocato Longo, sindaco-record.

L’atto di nascita di Nicolò Longo è quanto di più pasticciato si possa immaginare. In pratica, l’impiegato di stato civile aveva completato l’atto per un altro individuo, la figlia di tale Onofrio Trimoli, salvo poi ripensarci e soprascrivere su tutti i vari passaggi i nuovi dati relativi a Nicolò Longo. Sarebbe stato logico barrare l’intera pagina e ricominciarne un’altra.

A quel tempo, il sindaco era don Emmanuele Bertucci, succeduto nel 1821 al famoso primo sindaco Gaetano Ailara.

Vito Longo Sr. era indicato di professione “merciere”, ma al tempo del matrimonio del figlio Nicolò (1844), era menzionato come “don”, segno che ne aveva fatta di strada, diventando “ricevitore” o responsabile della Esattoria Comunale. La moglie di Vito Longo Sr., l’isolana Giuseppa Luca, aveva appena 18 anni. Il battesimo di Nicolò avvenne il giorno dopo la nascita.

Testimoni della denuncia di nascita: don Antonino Ailara e don Giovanni Bertucci, entrambi possidenti.

Gaetano Marchese

Immagini:

Atto di nascita pasticciato di Nicolò Longo.

L'eroico capitano Vito Longo.

L'inaugurazione del monumento a Vito Longo, 1899.

Thanks to:

= Dott. Vito Ailara, “I Sindaci di Ustica”

= Archivio di Stato Palermo, Stato Civile di Ustica 1820-1865

= Ustica Genealogy di Chris Caravella, New Orleans

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