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La Grotta del Bagno della Regina

Dalla pagina 389 del volume VI titolato "Storia Generale della Sicilia": Monsignor Giuseppe Gioeni e Valguarnera dei duchi d’Angiò, nacque a Palermo nel 1717 e morí a Firenze nel 1798, un gran filantropo e insigne uomo desiderò sempre il bene reale della sua patria e le sue ricchezze non furono che a procurarlo. 

Nei suoi frequenti e lunghi viaggi per tutta l'Europa di quei tempi, ebbe la possibilità di arricchire i suoi conoscimenti con le novità della scienza soprattutto e arrivare a giudizi equilibrati e pratici.

Nel 1778 ebbe la idea di creare una scuola nautica con fondi propri. Al posto di una villa che possedeva dal 1775 all'Acquasanta, fece costruire un edificio in muratura e pietre con forma di vascello e sulla terrazza, alberi con vele per simulare le manovre di una nave a vela. 

Come sempre nel collettivo della gente comune, la edificazione fu considerata bizzarra e pazzesca e certamente utopica per il destino che se le dava: un collegio nautico per formare gente che potesse navigare con sicurezza e amministrare una nave mercantile.

L’opera richiamò tutta la cittadinanza che, non capita l’idea del Monsignore, la considerò folle.

 

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Le innovazioni non finirono con il collegio..., la costa rocciosa dell'Acquasanta formava grotte direttamente al mare, così che il Monsignore scelse la più interessante per adibirla come luogo per un bagno privato, intimo e unico. Comprò il terreno sulla grotta e fece costruire una scala che portava all’accesso posteriore della grotta. Una vasca ovale con sedile scavata nella roccia lambita dalle acque ondulanti dell'interno della grotta che riempivano costantemente la vasca accarezzando, come il migliore jacuzzi, il corpo del depositato! Facevano il resto, i colori naturali e varianti delle umide pietre e le scintillanti luci riflesse dalle acque.

 

Un'altra versione, per cui la grotta prende il nome di 'regina', si deve al desiderio della regina Carolina d'Austria consorte di Ferdinando I, durale l'esilio palermitano con appoggio della flotta inglese al comando del famoso Orazio Nelson., 

Da un numero del 1837, della rivista napoletana Poliorama Pittoresco, fondata da Filippo Cirelli e Salvatore Fergola, con referenze ai luoghi circostanti la villa del principe Ettore Aragona Pignatelli Cortes De' Duchi di Monteleone, duchi di Terranova, principi del Sacro Romano Impero, semplicemente conosciuta come 'Casino Pignatelli', narra che: "

 

"...in questo luogo trovasi una caverna che si addentra nello scoglio, e che presenta due ingressi: la dicono la grotta di Gioeni. Ampie ne sono le volte... La Regina Carolina di Austria, consorte di Re Ferdinando 1, di augusta rimembranza, amava molto quel sito, e vi fece costruire per suo uso un bagno di pietra viva, in cui si scendeva per la scala a lumaca scavata nel vivo sasso dalla parte superiore della grotta stessa... “.

 

 

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Attualmente si accede alla grotta oltre che dal mare anche dall'ingresso dell'Ospedale Enrico Albanese - ex Ospizio Marino (in prossimità dei locali attualmente assegnati alla Thalassa).

Da qui, attraversando un terrazzamento, si giunge a una scalinata degradante nella roccia che conduce sino a un cancello di ferro che delimita l'antro della grotta. Superato il cancello si intraprende un breve percorso scavato nel calcare che conduce a un vasto antro invaso dal mare dove si scorge un ampio sedile scavato nella roccia. Prima di arrivare all'antro, però, il sentiero si divide in due distinti rami: percorrendo quello di destra si giunge a un secondo sedile, mentre a sinistra, discesi alcuni gradini scavati nel calcare, si perviene a una vasca ovale - anch'essa scavata nella roccia - con un sedile sommerso dal mare. Dall’interno della grotta è possibile ammirare il panorama da due diverse prospettive: a sinistra un ampio varco incornicia la piccola baia dell'Arenella con la torretta e la tonnara Florio con il caratteristico edificio "a quattro pizzi", mentre a destra lo sguardo cade sul porticciolo dell'Acquasanta.

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Tutte queste storie su Monsignore Gioeni, la regina Carolina, Pignatelli, etc, erano completamente sconosciute da noi, imberbi giovinastri. La grotta ci serviva come sfida per dimostrare a noi stessi, la gran perizia di attraversarla con una barchetta a remi affitatta per una mezz'ora dal famoso 'Sirouru'.

Lo stretto passaggio quasi ampio come la barca e di scarsa profonditá, centimetri..., curvato a destra, imponeva un azionare remistico preciso e rapido: tutta la forza avanti sul remo di sinistra e indietro mezza con remo di dritta. La barca, nel punro più stretto e poco profondo doveva quasi fermarsi e girar la proa 40°/50° a dritta e subito slanciarsi verso l'uscita. Evidentemente con un poco di mare, la manovra era impossibile! 

Oltre a queste azzardate avventuere a scapito del buon uomo che era in vita "u 'zu Siroru", che riceveva a volte la barca scorticata dagli scogli, la grotta era il rifugio perfetto per innamorati furtivi e fidanzati novelli...

Le domeciche invece, la grotta era peregrinaggio obbligatorio per famiglie intere che si davano il 'lusso' della gita in barca!

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