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Le vittime di tutte le guerre

Aggiornamento: 29 lug 2022

Gaetano Marchese

Le belle e "abbampate" famiglie di una volta.

Per gli attuali avvenimenti che ci coinvolgono tutti, possiamo solo cercare di mitigare la tragedia non solo europea ma mondiale con risvolti umanitari, geopolitici ed economico-finanziari, che non risparmieranno nessuno.


Famiglia Marchese-Balistreri 11 settembre 1949

Ogni tanto, quindi, è d'uopo riproporre una foto che ci è molto cara, perché ritrae la mia famiglia, l' 11 settembre 1949, presso Foto Cianciolo, corso Scinà, 124. Lo studio è tuttora esistente.

Avendo noi perdute le copie originali in b/n e colorate, la foto ci è pervenuta dal cugino Carlo Basile, in effetti, mio padre e sua nonna paterna erano cugini primi, figli di sorelle, Anna e Paola Palmisano di Ustica. A quel tempo le famiglie imparentate si scambiavano volentieri le loro foto più significative. Nella foto Mamma Angela, Gaetano sul trespolo, papà Domenico, Pasqualino e Paola. La tragedia della Seconda Guerra Mondiale era passata, avendo noi pagato un prezzo altissimo. Casa semi distrutta, inabitabile, mio padre, richiamato alle armi, si beccò tre anni di guerra, tre anni di prigionia e quasi altri tre anni di miseria totale della famiglia.

Con mio padre di cui non si ebbero più notizie dalla Libia e dalla prigionia fino al 1944, mia madre con Pasqualino di due anni dovette lasciare la casa del vicolo Pipitone nell'ottobre del 1941, causa bombardamenti sul vicino Cantiere Navale.

Ritirati quei quattro risparmi dalla Posta dell'Acquasanta, un mesto drappello di persone giovani e anziane, tra cui mio nonno Pasqualino Sr., mia nonna materna e altri, caricati quattro stracci su uno "strascino", si avviò mestamente in esilio, sfollati, per andare a vivere in una topaia a S. Elia, senza luce, senza bago e acqua corrente. Poi, il gruppone si trasferì a Villabate e vi rimase fino all'estate del 1944, per poi ritornare all'Acquasanta, nella casa devastata, gli sciacalli si erano portati via pure i ritratti. Mio nonno Pasqualino, intanto, era morto a S. Elia nel dicembre 1941.


Mio padre, dopo un contatto con la Croce Rossa, si fece vivo solo il 2 marzo 1946 allorquando tornò a casa. Dopo 9 mesi esatti io lo nacqui. La vita ricominciò, ma per mio padre non fu facile andare a vendere sigarette americane al Massimo, tra tagliagole e facce patibolari, per cercare di sfamare la famiglia. Tutta questa miseria durò fino al dicembre 1948, quando finalmente mio padre imbarcò sulla nuova nave della Tirrenia, la m/n "Giosuè Borsi" e si cominciò a vedere qualche lira in casa. Non vogliamo affliggere nessuno, lo siamo già comunque, ma noi, tutti, abbiamo già dato e vorremmo solo vivere in pace, per i nostri figli, nipoti e, ormai, pronipoti. Vediamo che la Storia si ripete, si ripete, sperando che, chi ne ha il potere, ponga fine all'attuale tragedia.







24Tu, Pasquale Palmisano, Pippo Lamia e altri 21 Commenti: 18 Condivisioni: 1 Mi piace Commenta Condividi

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